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ISSN 0366-2047
BOLLETTINO DELLA SOCIETÀ DEI NATURALISTI IN NAPOLI
VOLUME XCII - 1983
GIANNINI EDITORE NAPOLI 1985
NORME PER LA STAMPA DI NOTE NEL BOLLETTINO DELLA SOCIETÀ DEI NATURALISTI DI NAPOLI
Art. 1. — La stampa delle note è subordinata all’approvazione da parte del Comitato di Redazione che è costituito dal Presidente del Consiglio direttivo, dai quattro Consiglieri e dal Redattore delle Pubblicazioni. Il Comitato di Redazione qualora lo giudichi necessa¬ rio ha facoltà di chiedere il parere consultivo di altri, anche non soci.
Art. 2. — I testi delle note devono essere consegnati al Redattore, dattiloscritti in tri¬ plice copia, nella stessa tornata o assemblea in cui vengono comunicati. Per gli allegati (figure, tavole, carte ecc.) si richiede la consegna, oltre che degli originali destinati alla Tipografia, di una copia eliografica di tutti i disegni a china e di una seconda serie di stampa per tutte le fotografie, con l’indicazione su ciascuna di esse della figura cui si rife¬ risce e del simbolo (numero o lettera) che ne indica la posizione nella figura stessa. Per le diapositive a colori potrà essere fornita, in luogo di una seconda copia, una stampa a colori nel formato minimo di cm 10x15.
Art. 3. — Ogni anno i soci hanno diritto a 10 pagine di stampa, gratuite, o al loro equivalente, oltre a 50 estratti senza copertina. Tale diritto non è cedibile né cumulabile.
Art. 4. — Con le prime bozze, la Tipografia invierà al Redattore il preventivo di spesa per la stampa nel Bollettino e per gli estratti, questi lo comunicherà all’Autore per la parte di spesa che lo riguarda.
Art. 5. — L’Autore restituirà con le prime bozze, gli originali ed il preventivo di spesa per la stampa, sottoscritto per conferma ed accettazione, indicando il numero di estratti a pagamento desiderati, l’indirizzo a cui dovrà essere fatta la spedizione e l’intesta¬ zione della fattura relativa alle spese di stampa del periodico e degli estratti. Nel caso che l’ordine provenga da un Istituto Universitario o da altro Ente, l’ordine deve essere sotto- scritto dal Direttore.
Art. 6. — Modifiche ed aggiunte apportate agli originali nel corso della correzione delle bozze (correzione d’ Autore), comportano un aggravio di spesa, specialmente quando richiedono la ricomposizione di lunghi tratti del testo o spostamenti nell’impaginazione. Tali spese saranno addebitate all’Autore.
Art. 7. — Le bozze devono essere restituite al Redattore entro 15 giorni. Il ritardo comporta lo spostamento della nota relativa nell’ordine di stampa sul Bollettino; per questo motivo la numerazione delle pagine sarà provvisoria anche nelle ultime bozze e quella definitiva sarà apposta su esse a cura e sotto la responsabilità della Tipografia.
Art. 8. — A cura del Redattore, in calce ad ogni lavoro sarà indicata la data di accet¬ tazione da parte della Rivista.
Art. 9. - Al fine di facilitare il computo dell’estensione della composizione tipogra¬ fica dei lavori è necessario che il testo venga presentato dattiloscritto in cartelle di 25 righe, ciascuna con 60 battute.
Art. 10. - L’Autore indicherà in calce al dattiloscritto l’Istituto o l’Ente presso cui il lavoro è stato compiuto e l’eventuale Ente finanziatore della stampa e delle ricerche.
Art. 11. — Le note saranno accompagnate da due riassunti, da cui si possa ricavare chiaramente parte sostanziale del lavoro. Uno dei due riassunti sarà in italiano e l’altro, più ampio ed esauriente, preferibilmente in inglese.
Art. 12. — Vengono ammesse alla pubblicazione sul Bollettino anche Note d’Autori non soci, purché presentate da due soci e preventivamente sottoposte per l’approvazione al Comitato di Redazione. La stampa di tali Note sarà a totale carico degli Autori.
Art. 13. — I caratteri disponibili per la stampa sono i seguenti: maiuscolo ======
maiuscoletto , corsivo - , tondo; in corpo 10 e corpo 8. L’Autore potrà
avanzare proposte mediante le sottolineature convenzionali prima riportate. La scelta defi¬ nitiva dei caratteri è di competenza del Redattore.
ISSN 0366-2047
BOLLETTINO DELLA SOCIETÀ DEI NATURALISTI IN NAPOLI
VOLUME XCII - 1983
GIANNINI EDITORE NAPOLI 1985
SOCIETÀ DEI NATURALISTI IN NAPOLI
VIA MEZZOCANNONE, 8
CONSIGLIO DIRETTIVO BIENNIO 1982-83
Prof. Pio Vittozzi Prof. Aldo Napoletano Prof. Teresa de Cunzo Dott. Filippo Barattolo Prof. Eugenio Piscopo Prof. Gabriele Carannante - Dott. Giorgio Matteucig Prof. Pietro Battaglini Prof. Giuseppe Caputo Prof. Gennaro Corrado Prof. Mario Torre
Presidente
Vice-Presidente
Segretario
Vice-Segretario
Tesoriere
Bibliotecario
Redattore delle pubblicazioni
Consigliere
Consigliere
Consigliere
Consigliere
Hanno contribuito alla stampa di questo volume:
La Presidenza del Consiglio dei Ministri - Ente Nazionale Cellulosa e Carta Il Ministero per i beni culturali ed ambientali La Regione Campania L’Università di Napoli
comitato di redazione delle pubblicazioni
È costituito dal Presidente, dal Redattore delle pubblicazioni e dai quattro Consiglieri, ma si avvale, quando lo ritiene più opportuno, della consulenza scien¬ tifica di particolari competenti italiani o stranieri.
In particolare a questo numero hanno collaborato: Gianpaolo Asdrubali, Guido Barone, Glauco Bonardi, Achille P. Caputi, Carmine Colella, Bruno D’Argenio, Italo Di Geronimo, Ernesto Fattorusso, Enrico Franco, Massimo Libonati, Giuseppe Luongo, Angiola Maria Maccagno, Ugo Moncharmont, Maria Moncharmont-Zei, Pietro Parenzan. Vincenzo Petrini, Antonio Praturlon, Antonio Rapolla, Cesare Sacchi, Michele Sarà, Samuele Sartoni, Paolo Scandone, Oreste Schettino, Rodolfo Sprovieri, Maria Tronconi-Regillo, Ermenegildo Tremblay, Enrico Vannini.
IN MEMORIA DI PIO VITTOZZI
Ricordare Pio Vittozzi a quanti lo conobbero, lo stimarono e lo ama¬ rono è compito assai doloroso per l’intensità dei legami sentimentali matu¬ rati e sviluppati in anni di vita in comune e per la brevità del tempo inter¬ corso dalla Sua dipartita.
Nessuno nel mondo accademico, nella nostra Facoltà, nei nostri Isti¬ tuti, nelle Accademie culturali ed in questa Società, che Egli tanto amò e per la quale si prodigò oltre ogni misura, può dire di non aver conosciuto un uomo che si imponeva per le sue doti di semplicità, probità, disciplina e culto dì quei valori umanistici che, anche se oggi relegati, sopravvivono nel cuore di ciascuno e continuano ad affascinarci, nonostante culture d’ol¬ tralpe e d’oltre oceano invano cerchino di sradicare dalla nostra civiltà.
La dote che più caratterizza l’uomo è la semplicità : la sua porta era sempre aperta per tutti; ciascuno accoglieva con quella bontà, tipica della Napoli che non è più, e che si manifestava con battute facete che ridimen¬ sionavano i problemi e tante volte aveva pronta per essi una soluzione spontanea.
Per Lui tutto era naturale; non esistevano situazioni drammatiche; non veniva turbato dal chiasso del mondo che gli perveniva, per lo stesso motivo, quasi filtrato.
4 Commemorazione
Eppure non ha vissuto sull’Olimpo essendo passato tra due tipi di società che si sono succedute, con singolare discontinuità, a cavallo di questo mezzo secolo.
Mai un segno di insofferenza per quella società padronale che gli impose il Fascismo, la guerra, la prigionia ed il dopo guerra. Mai espres¬ sioni di richiamo nostalgico nei tempi attuali, nei quali siamo afflitti dal disordine, dalla delinquenza, dalla sopraffazione e dalla droga.
E ciò non perché fosse uomo rassegnato: al contrario era reattivo e risoluto nel carattere, ma perché era convinto che la sola protesta efficace fosse quella di continuare a credere nei suoi ideali, compiendo sempre e per intero il proprio dovere.
La sua condotta esemplare, in contrapposizione a quella corrente, improntata all’arrivismo e diretta allo sfacelo, suona una condanna ferma, certamente più loquace di tante parole e neologismi che riempiono i discorsi vuoti di quelli che contano e che continuano ad alimentare sfidu¬ cia e disorientamento.
Nel 1943, ufficiale del genio, cadeva prigioniero dei tedeschi in com¬ battimento, guadagnandosi una croce al merito di guerra.
In circa trentanni di vita in comune, mai un accenno a quella espe¬ rienza, mai un riferimento. Qualche volta, se interrogato al riguardo, rife¬ riva episodi con una disinvoltura ed un distacco, quasi gli stessi non fos¬ sero accaduti a lui, e sempre in chiave serena e faceta. Quasi a vo¬ lerli vedere come dissonanze volute dall’Autore di questo maestoso con¬ certo della vita alla quale Egli si sentiva chiamato a partecipare nel¬ l’amore.
La Scuola trasferisce agli allievi lo strumento dell’apprendimento: Pio Vittozzi ci ha lasciato nella semplicità un codice di lettura che ci consente di leggere il gran libro della natura.
La semplicità è poi il terreno di coltura di ogni altra virtù.
E ricordiamo con tenerezza la sua bontà d'animo che lo conduceva ogni sera, per anni, ad assistere la propria mamma cieca ed ammalata, con la quale intesseva un dialogo d’amore tanto elevato da riempirgli resi¬ stenza; amore che successivamente egli trasferiva alla propria figlia Anna. Ricordiamo ancora la sua devozione mai negata o turbata a Giuseppe Imbò, di cui fu certamente il primo e più fattivo collaboratore per oltre trent’anni: dal 1945 al 1947: aiuto presso l’Osservatorio Vesuviano e dal 1977 alla morte di Imbò, all’Istituto di Fisica Terrestre. Lo ricordiamo, al vertice della propria carriera, ormai non più giovane, nel proprio studio, restare all’impiedi per ore davanti al Prof. Imbò, che quasi ogni giorno, da pensionato, continuava a fargli visita.
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Uno spettacolo d’altri tempi, ma certamente una lezione di coerenza con i principi in cui credeva; un invito ad aver fiducia in qualcuno, che alla fine ci fa sentire meno soli e ci aiuta a popolare, sia pure di miti, il deserto che abbiamo costruito intorno a noi.
Una lezione per i giovani che incoraggiati dalla facilità della demoli¬ zione, non trovano poi più la forza di costruire e diventano così deboli strumenti di ideologie folli o ancor peggio vittime di pratiche suicide.
Ci piace ancora ricordare la sua riservatezza; non ha mai inseguito sogni di gloria né posti di prestigio, ma è sempre stato pronto ad assolvere compiti di alta responsabilità con un solo scopo: rendere al massimo delle sue forze, dando il meglio di sé e tutto per gli altri, mai cercando il proprio tornaconto, al contrario, invece, sempre nascondendosi. Si può ben dire che è stato il più costruttivo tra quanti si sono succeduti nelle cariche di Consigliere e Segretario dell’ AGI, Direttore dell’Istituto di Geologia e Geo¬ fisica, Tesoriere dell’Accademia Pontaniana, Presidente di questa Società.
La Sua esigenza di chiarezza, di distinzione di funzioni e di ruolo, la sua esperienza e l’innata perspicacia, gli fecero comprendere per tempo che, nelle attuali, purtroppo persistenti condizioni di inadeguatezza ed inef¬ ficienza di molti servizi nazionali preposti all’acquisizione dei dati destinati alla sorveglianza dei fenomeni naturali (servizio mareografico, idrografico, sismico, geologico, meteorologico, etc.) la collaborazione alle strutture avrebbe avuto per effetto:
— la distrazione del docente dai propri compiti istituzionali;
— il prestito alle strutture stesse dell’ombrello del mondo scientifico che si sarebbe dovuto sostituire, senza averne i mezzi, all’acquisizione dei dati;
— il rischio dello scredito nei confronti dell’opinione pubblica che si sarebbe poi esteso a tutta l’Università;
— la mancanza di quella ricaduta culturale che si sarebbe invece potuta ottenere seguendo direttamente, ed in chiave multidisciplinare, l’evoluzione di un fenomeno, attraverso i dati significativi che i servizi di Stato sono tenuti a registrare in continuo ed a presentarle alla comunità scientifica.
Ciò nondimeno, nella sua posizione di Direttore del Centro Studi dei fenomeni vulcanici dell’area flegrea, si adoperò in ogni modo, lottando con la sua tenacia contro una singolare, pesante ed inerte burocrazia, perché venisse estesa la rete di sorveglianza geofisica e geochimica di quell’area vulcanica. Riuscì solo ad ottenere la sostituzione di mareografi obsoleti, esposti all’azione corrosiva del mare per molti decenni, con altri più moderni.
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Risultarono però vani i suoi solleciti per F installazione di una rete mareografìca ad acquisizione continua dei dati e trasmissione via radio degli stessi ad una stazione centralizzata presso l’Istituto, rete che da anni lo scrivente aveva chiesto ai LL.PP. e che consentirebbe di seguire in tempo reale l’evoluzione del moto del suolo flegreo.
Analogo insuccesso sortì la medesima proposta in sede di Consiglio Superiore dei LL.PP. per una moderna rete su scala nazionale. Insuccessi questi che indussero lo scrivente a ritirare la propria collaborazione al Ministero dei LL.PP.
Raramente ha concesso interviste a giornalisti, forse due volte sol¬ tanto, e perché costretto; mai è apparso in televisione. Per un puro caso ho appreso recentemente da un suo ex collega del Liceo Bianchi che Pio Vit¬ to zzi era sempre stato il primo tra gli allievi di quell’istituto.
La Sua ambizione , la Sua realizzazione: il lavoro svolto con assiduità, scrupolo, passione, successo e soprattutto in silenzio .
Mai un’assenza dall’Istituto, dove lo abbiamo incontrato ogni giorno, prima di noi, al proprio posto per tutta la giornata.
Qualcuno regolava il proprio orologio, e non è questa metafora ma realtà verificata per anni, agli orari del Professore.
Mai un’assenza in Facoltà, in questa Società e nelle altre Accademie.
Sempre presente, in tutte le numerose riunioni nelle quali sempre si impegnava, mai lamentando stanchezza od insofferenza.
E ciò non solo perché egli amava il proprio lavoro, ma soprattutto perché il senso del dovere ha costituito il fondamento della sua vita, il suo credo, la sua religione.
L’amore che aveva per il proprio lavoro alimentava quella forza con la quale sosteneva con fermezza, chiarezza e spesso, a viva voce, la propria posizione, i propri principi senza badare a conseguenze.
Questi interventi lo hanno spesso reso inviso a chi ravvisava nella sua severità un ostacolo a fare il proprio comodo ed a qualche «potente del mondo» di vedute limitate, e gli sono costati un sofferto ritardo nella car¬ riera. Pena che egli ha subito, primo tra tutti i geofìsici d’Italia del suo tempo, chiamati a pagare le responsabilità di coloro che, per ignavia o per calcolo, ridussero la Fisica Terrestre in Italia a disciplina sublaterna, limi¬ tata, fino al 1971 ad appena tre cattedre (delle quali quella dì Roma solo nominale) mentre nel mondo la Geofisica si sviluppava acquistando spazi culturali ed applicativi sempre più ampi.
Ha speso la propria vita per flstituto, di cui è stato il più fattivo opera¬ tore per quarantanni; per questa Società, alla quale ha dato, specie in
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questi ultimi anni, il meglio di sé, come attesta il grosso successo riscosso dalle manifestazioni celebrative del primo centenario.
Egli si era proposto traguardi molto ambiziosi per la Società program¬ mando un più costruttivo rapporto con le strutture: prime tra tutte la Scuola secondaria. Disegni questi che Egli mi confidava e che trovarono ostacolo negli eventi sismici dell’80 e nella permanente ristrettezza di fondi che ha afflitto la Società in maniera endemica, ma che egli si adoperava con ogni mezzo di superare con la perseveranza e la insistenza delle richieste.
I maggiori successi li ha conseguiti nella Didattica e nella Ricerca.
Pochi docenti possono vantare un’operosità didattica quale quella di
Pio Vittozzi. Per trentanni, oltre alla sua attività didattica ha assistito e sostituito il titolare in tutti (nessuno escluso) gli esami di Fisica Terrestre della Facoltà. Non appena ricevuto l’incarico (che tenne dal 1948 al 1970) di introduzione al corso di Fisica Terrestre (incarico com’è noto gratuito e di nessun peso per la carriera) si affretta a preparare un libro di testo. Dal 1956 al 1958 copre l’incarico di Fisica Terrestre e Climatologia. Nel 1958, stesso anno in cui è nominato incaricato di Fisica alla Facoltà di Agraria, dà alla stampa le dispense del proprio libro; un documento di rara chia¬ rezza e completezza. Dall’insegnamento della Fisica, al quale era partico¬ larmente legato, per puri giochi di potere, passa a quello della Topografia e Cartografia prima ed alla Cattedra di Fisica Terrestre e Climatologia poi. Alla Fine della vita, raggiunge la meta accarezzata nel proprio cuore per decenni: la Cattedra di Fisica Terrestre, al cui insegnamento si prepara con uno zelo ed un impegno di altri tempi.
II giorno precedente la Sua dipartita mi confidava la sua preoccupa¬ zione che la malferma condizione di salute potesse influire sul rendimento didattico. Anche questa, che può suonare una preoccupazione anacroni¬ stica, inquadra un personaggio le cui lezioni, tutte della durata superiore all’ora, senza mai un’assenza o un rimando, per la levatura dei contenuti, il coordinamento degli argomenti e soprattutto la chiarezza di esposizione, costituiscono lezioni di Didattica prima e di Geofisica dopo.
In una Università che privilegia la Ricerca e relega a ruolo molto subordinato la Didattica, l’opera di Pio Vittozzi, ancora contro corrente, esalta il valore della Didattica, che è il prodotto primario che l’Università è chiamata ad offrire alla Società.
Ed è nell’attività didattica che promuove solo la gioia di dare, in quanto è attività che non premia chi la sostiene perché non è riconosciuta né solitamente praticata da molti che hanno potere accademico, che Pio Vittozzi, centrando sempre obiettivi concreti, realizza il meglio di sé stesso,
8 Commemorazione
e lascia ora a noi l’eredità di adoperarci per promuovere la Didattica al ruolo che le compete alla pari della Ricerca.
La letteratura pedagogica moderna ha acquisito il concetto che non sempre chi conosce è in grado di insegnare; la conoscenza è condizione necessaria ma non sufficiente per diventare un maestro. Pio Vittozzi, che ha sempre risposto alle aspettative degli allievi, il cui insegnamento è un momento di chiarezza, di ricchezza e di aggiornamento di contenuti, è stato un vero Maestro.
Si è avvicinato alla Ricerca con quella umiltà che gli faceva prima di tutto soppesare l’importanza e la vastità dei temi, caratteristiche queste comuni a qualsiasi problema scientifico nell’epoca attuale.
Con la consapevolezza di trovarsi sempre di fronte ad un problema più grande di Lui, approfondiva l’argomento leggendo con attenzione tutto quanto era stato scritto prima.
Ho appena rivisto i manoscritti interminabili da lui redatti prima ancora di poter dire qualcosa sulla diffusione degli inquinanti dell’aria. Sei anni di lavoro preparatorio; neppure una pubblicazione. E ciò perché tutto veniva sottoposto ad una critica severa, che molti di noi giudicavano spesso esagerata e vincolante; tutto doveva essere espresso in termini matematici: ogni risultato veniva confrontato con i principi fondamentali della Fisica.
Questo tempo, speso a favore del rigore, era poi da Lui guadagnato con la perseveranza, la tenacia, le lunghe ore di lavoro. Tutta l’opera di Pio Vittozzi risente di questo sofferto rigore e del lungo impegno speso.
Egli ha cominciato a lavorare negli anni del primissimo dopoguerra, nella assoluta mancanza di attrezzature e di strutture. Specie i primi lavori scientifici da lui pubblicati dal 1950 al 1960, rappresentano un miracolo della sua buona volontà e del suo amore per la ricerca. Egli infatti, dalle 8 alle 18 di ogni giorno, era costretto a svolgere un oneroso compito ammini¬ strativo derivante dalla ricostruzione prima e dalla gestione di tutto l’Isti¬ tuto di Fisica Terrestre poi.
Tale attività andava dal trasporto manuale dei libri e delle attrezzature (ricoverati per eventi bellici) dall’Osservatorio Vesuviano ai cantinati del¬ l’Istituto; all’acquisto dei libri, degli strumenti; alla compilazione di pro¬ spetti, alla scrittura a macchina dei manoscritti, all’assistenza al Prof. Imbò nei moltissimi incarichi che questi ricopriva; allo spoglio dei dati ed alla discussione di problemi amministrativi e personali del Direttore.
Dopo le 18 tornava a casa per dare lezioni private, allora indispensabili per la pura sopravvivenza. Ed era a casa che, secondo l’opinione allora cor¬ rente, bisognava fare la ricerca e non in Istituto dove si doveva attendere ai compiti di ufficio e non solo.
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Noi siamo entrati nell’Istituto quando ciò accadeva; siamo rimasti a dir poco sorpresi, ma abbiamo vissuto al di quà dell’Acheronte, nel Limbo, protetti daH’ombrello della sua abnegazione o del suo «filtro», come veniva apostrofato dal Direttore.
Ma Egli era sempre sorridente e soddisfatto, convinto di fare solo il proprio dovere. Nei processi di beatificazione il postulatore prima e l’avvo¬ cato del diavolo dopo, ricercano nel «terribile quotidiano» i motivi più significativi per la causa, giacché si ritiene che qualcuno possa essere pronto, in un momento di entusiasmo, al martirio o a compiere gesta eroiche, ma pochi riescono a sopportare il peso ratinario, insistente, avvilente e mortifi¬ cante di una quotidianità, che chiede tutto senza dare alcuna soddisfazione a mo’ del lavoro forzato.
Non è questa la sede per descrivere nei dettagli quelle grigie giornate tutte eguali, ma saremmo ben lieti di poterlo fare per proporre alla Chiesa una causa di beatificazione dei tempi attuali.
In quest’ottica l’opera di Pio Vittozzi conferma il vecchio adagio «Volere è potere» e testimonia ai giovani quanto sia costato, alla generazione che passa, il benessere di cui essi godono e che vediamo giornalmente distrug¬ gere insieme ai libri, alle attrezzature, alle strutture tutte che accompa¬ gnano il tramonto di una civiltà che vuole morire senza apparente ragione.
Alla generazione attuale la vita di Pio Vittozzi deve fare apprezzare la Democrazia e far compredere gli aspetti veri ma nascosti delle dittature che, per reggersi, devono forzosamente trasferire il potere all’uomo il quale, per propria natura, è portato ad esercitarlo nel proprio interesse, ignaramente generando e favorendo lo sviluppo della gloria personale (che secondo la Genesi Dio ha riservata a sè) che si costruisce a spese e con l’annullamento degli altri.
Ma vorrei chiedere scusa per l’insistenza per sottolineare che Hitler, Stalin o Mussolini non hanno mai dato fastidio diretto al cittadino, che anzi poteva ravvisare nella loro politica, sia pure nazionalistica, fini utilita¬ ristici degni di essere perseguiti per molti aspetti.
Il peso reale che un funzionario era costretto a subire senza possibilità di insubordinazione, gli veniva dal gerarca di grado immediatamente supe¬ riore che ogni giorno lo opprimeva con sadismo e sopraffazioni, variabili da persona a persona. Funzioni queste talore svolte anche dai Santi, che anzi trovavano tali comportamenti finalizzati al bene delle persone che essi rite¬ nevano loro affidati.
Pur costretto da tanta ostilità ambientale, senza mezzi, senza poter avvalersi dell’apporto e del consiglio di alcuno, anzi venendo ostacolato in ogni modo, anche dalla sua stessa esigenza di rigore, Pio Vittozzi ha, fino
10 Commemorazione
al 1960, scritto 29 lavori (ed era questo il periodo più disagiato) ai quali sono seguiti altri 21 fino all’ultimo pubblicato nell’ultimo volume del Bol¬ lettino della Società dei Naturalisti.
I primi lavori riguardano l’attività sismica del Vesuvio, l’energia solare diffusa e poi quella assorbita dai granuli di polvere vulcanica. Passa poi allo studio del potenziale di saturazione nelle camere di compressione.
Nel 1957 pubblica con De Maio uno studio sui metodi di analisi della radioattività delle acque. Nel 1959 segue un lavoro sulla misura della radioattività dell’aria.
Nel 1965 pubblica con Rapolla un lavoro di prospezione geoelettrica alla Solfatara di Pozzuoli.
Egli è stato il pioniere nell’Istituto degli studi di radioattività naturale delle lave, campo che anche grazie a Lui, Gasparini e Civetta, hanno poi potuto notevolmente sviluppare nell’Istituto.
Dal 1970 inizia la collaborazione con lo scrivente, con tre lavori sui campi geomagnetici esterni e sulle oscillazioni atmosferiche provocate da esplosioni vulcaniche; seguirono due lavori con Corrado su un modello per lo studio delle anomalie geomagnetiche.
L’ultimo lavoro, pubblicato con lo scrivente lo scorso anno presso questa Società, fu sulla diffusione degli inquinanti atmosferici.
Pochi maestri possono trasferire la testimonianza della propria vita ai posteri con tanta forza da reggere all’azione inesorabile del tempo. Pio Vit- tozzi lo può fare perché ha visto e costruito in silenzio ed è morto povero.
Eppure non aveva spese particolari, tanto che si è andato ad operare in una povera clinica di periferia perché lo Stato non riconosce al Professore Universitario il diritto all’autosufficienza economica.
Più volte gli ho insistentemente offerto lavoro professionale, ma egli ha sempre rifiutato, ad ulteriore testimonianza del suo distacco dai beni del mondo e del suo attaccamento al dovere.
Pio Vittozzi vive oggi tra noi più di prima, perché non può più sottrarsi alla nostra ammirazione ed al nostro affetto e perché, se non ci può più offrire il suo consiglio, il suo conforto, la sua guida e la sua collaborazione, ci lascia, però, l’immagine pura ed incorruttibile del suo comportamento e della sua vita che rifulge di quei principi e di quelle virtù, proprie degli uomini forti, con i quali possiamo confrontare i nostri problemi, le nostre ansie di apprendere, per seguire poi quelle virtù che costituiscono le ric¬ chezze nascoste della nostra civiltà.
Sono gli uomini come Pio Vittozzi, ispirati alla fede nei valori immor¬ tali, incoraggiati da una completa fiducia negli uomini e nel futuro, opera¬ tori instancabili di pace e collaboratori silenziosi, fattivi e tenaci al prò-
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grasso ed alla diffusione della conoscenza scientifica che il Paese abbi¬ sogna.
Molti non si spiegano il miracolo italiano attuale che ci mostra un Paese che vive ancora nonostante i politicanti e la mentalità corrente.
La risposta è fornita dall’opera silenziosa e costruttiva degli uomini della statura di Pio Vittozzi che regge ancora a testimoniare che i valori dello spirito, che affondano le radici nella nostra cultura millenaria, resi¬ stono alle onde di superficie (e perciò solo vistose) che tentano di sommer¬ gere la nostra civiltà.
Il loro effetto sarà breve ed inefficace perché alla fine, le esigenze interiori, a lungo insoddisfatte e represse, faranno sentire la loro tensione e ciascuno si accorgerà che la vera gioia, quella che traspariva dalla vita sem¬ plice di Pio Vittozzi, non viene dalla gloria, né dal benessere, né dal potere, ma dal «seguir virtude e conoscenze».
Possa la testimonianza di questo maestro di Vita e di Scienza stimolare in noi la sua imitazione, a mezzo della quale, concorreremo certamente alla rinascita del Paese in agonia.
Sul piano operativo, affinché quest’incontro dedicato al ricordo di Pio Vittozzi, possa suggerirci qualche iniziativa derivante dall’esperienza del Professore, penso dovremmo adoperarci affinché l’attività amministrativa degli Istituti venga svolta da personale amministrativo, così come avviene in tutte le organizzazioni di qualsiasi dimensione nel mondo.
Auspico che questa Società, in linea con le intenzioni del suo Presi¬ dente, si renda promotrice di seminari didattici ed incontri culturali estesi anche all’esterno.
Propongo infine che quest’ Aula della Società venga intitolata a Pio Vit¬ tozzi, che ha realizzato l’ampliamento ed il riordino prima e la ricostru¬ zione poi di questa sede; unico fra i Presidenti deceduti ricoprendone la carica.
Antonino Palumbo
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IN MEMORIA DI FRANCO CUNEO
Lo conoscevo da tanti anni, venti, venticinque, non lo ricordo più. La sensazione era di avere di fronte un personaggio d’eccezione e non per l’esperienza di zoofilo e la professionalità che pure erano grandi, ma per la statura morale e l’umanità che esprimeva in modo pieno e sincero, si trat¬ tasse di esseri umani o di animali.
L’aspetto bonario, la conversazione amicale e condiscendente, cela¬ vano un carattere tenace e puntiglioso, del tutto intransigente quando si cadeva su argomenti di etica e di italianità.
Franco Cuneo era nato a La Spezia nel febbraio del 1909 e vi aveva svolto studi ad indirizzo nautico; aveva servito il paese in guerra come uffi¬ ciale di marina, lasciando, ferito, tra gli ultimi, la base navale di Tobruk.
Si laureò in Scienze economiche e commerciali al Cairo (sezione Sor¬ bona), ma quello che determinò la sua successiva attività fu il peregrinare per diversi paesi africani. Già nel ’31 si era trasferito in Africa e ciò gli per¬ mise di studiarne la fauna divenendone in breve tempo uno dei maggiori esperti, tanto da condurre ricerche nel campo, anche per conto di varie organizzazioni europee. La passione, la competenza, l’entusiasmo e l’inte¬ resse sempre accorto di cui era dotato, lo spinsero a coltivare le ricerche
14 Commemorazione
naturalistiche nel senso più largo della parola. Al ritorno dai suoi viaggi portava con sé non solo esemplari della fauna esotica, ma minerali e semi di essenze botaniche, che oggi sono piante adulte sia nel Giardino zoolo¬ gico che nell’Orto botanico di Napoli.
Per conto dell’allora Ministero dell’Africa Italiana si recò in Somalia, durante l’AFIS alla ricerca di fauna esotica destinata al ricostituendo Giar¬ dino zoologico di Napoli, nell’ambito dell’Ente Mostra d’Oltremare e del lavoro italiano nel mondo.
Ebbe in quel periodo un continuo spostamento in luoghi spesso molto lontani tra loro, poco frequentati, difficili da raggiungere, e per i quali magari era passato una sola volta; eppure la sua personalità si imponeva in maniera così preminente che nelle mie varie visite, rifacendo spesso gli stessi percorsi, sapendomi proveniente da Napoli, la domanda che mi veniva rivolta era sempre la stessa: conosce il Dott. Cuneo?
Egli si ambientava con tale naturalezza e si inseriva nei contesti più vari con tale semplicità da divenirne in breve tempo parte integrante.
Qualche volta abbiamo viaggiato insieme in zone sperdute, lontane anche centinaia di chilometri da Mogadiscio e sempre vi era qualcuno che riconoscendolo si precipitava ad abbracciarlo. Vestiva una vecchia saha¬ riana e pantaloni corti, la faccia contenta di trovarsi nel suo ambiente. Aveva sempre nelle tasche una quantità incredibile di monetine destinate ai piccoli «scugnizzi» locali.
Nel 1950 divenne Direttore del Giardino zoologico di Napoli, costi¬ tuendo una società che non prevedeva scopi di lucro e di cui fu ammini¬ stratore unico, dedicandovi tutta la passione, l’amore e la competenza di cui era capace.
Durante tanti anni la sua esperienza venne utilizzata sovente per la promozione di interventi di natura protezionistica di altissimo valore, tra i tanti basterebbe pensare alla ricostituzione attraverso i vari Giardini zoolo¬ gici del nucleo ed alla reintroduzione nell’ambiente di origine dell’Orix dell’Arabia; la fondazione del W.W.F. Italia; il contributo determinante alla tutela della tenuta di «Astroni» nei Campi Flegrei, oasi di eccezionale interesse ambientale, che, minacciata da iniziative varie, divenne invece, per il periodo nel quale fu possibile il suo intervento, centro di studio di specie non autoctone, che permisero a studiosi il controllo sulla adat¬ tabilità.
Vi è da ricordare inoltre l’importantissima istituzione del Parco di qua¬ rantena destinato a permettere l’introduzione in Europa di animali esotici. Di questo parco egli ne suggerì la località: il lago Fusaro, sulle rive del quale appunto nel 1953 esso fu istituito a cura del Ministero della Sanità e
In memoria di Franco Cuneo 15
dato in gestione, per la parte relativa al contenimento e cura degli animali, al Giardino zoologico di Napoli.
La partecipazione ai vari congressi internazionali, principalmente quelli della «Union Internationale des Directeurs de Jardins Zoologiques», associazione mondiale che riunisce i Giardini zoologici aventi finalità cul- turali-scientifiche, avevano in lui un polo di attenzione difficilmente ripro¬ ponibile.
Le difficoltà gli procuravano apprensioni, si stancava tanto, ebbe quattro infarti; si riprendeva poi, continuando a lottare in situazioni sempre più diffìcili.
Lavoravo alla Facoltà d’ Agraria di Portici (Zoologia); mi aveva scelto come sistematico e per anni al ritorno a casa passavo da lui; era un breve momento d’incontro, tra noi non vi era un rapporto economico, ma rin¬ contro era cultura, era amicizia, era insomma il contatto con un amico, il migliore amico.
Durante tanto tempo ho visto passare nel suo ufficio e poi nella pic¬ cola residenza che si era creata, tanta gente; molti in un primo periodo, sempre meno, mano a mano che la situazione gestionale presentava sempre maggiori difficoltà ed il rischio di una richiesta di aiuto poteva evi¬ denziarsi.
Cuneo era sempre più solo ma continuava a combattere come un «Libah» per la sopravvivenza di ciò che aveva creato dal nulla. Alla fine nella camera ardente, vi era folla, ma la sola sincera, l’unica che gli aveva voluto veramente bene.
Il Giardino zoologico di Napoli ha nel tempo costruito alcune colle¬ zioni che possono essere considerate uniche al mondo; mammiferi della Somalia (antilopi e gazzelle) e quella dei pappagalli, eccezionale nel suo
genere.
Uno dei programmi di studio che Cuneo cercava di validificare era quello della trasformazione delle strutture di contenimento degli animali per adeguarle ai moderni criteri espositivi a tutto vantaggio degli animali ospitati, ma si è sempre scontrato con l’inadeguatezza dei mezzi a disposi¬ zione. Mise l’ultimo impegno nella costruzione della voliera destinata ai pappagalli, era già quasi fermo nella poltrona, ed il lavoro era condotto con verifiche fatte con foto «polaroid»; realizzato, tutti possono oggi ammirare questo lavoro.
Non era solo il Giardino zoologico che rappresentava la sua vita, vi era l’Associazione per la protezione dell’Infanzia (A.I.P.I.), di cui seguiva la vita e le opere a favore prima dei mutilatini di guerra, quindi dei fanciulli poveri, tutti i bisognosi di calore umano. Nell’ultimo periodo dopo il terre-
16 Commemorazione
moto, seguendo l’amica di sempre Claire Wenner, fu presente con costanza nelle zone d’intervento, seguendo i lavori, sforzandosi oltre il limite del possibile di essere sempre presente, con le poche forze che ancora lo tene¬ vano in vita.
Quale componente del direttivo A.I.P.I. lo si incontrava spesso nelle zone terremotate; Campagna, Laviano, Caposele, ecc. dove l’Associazione curava la costruzione di scuole, poliambulatori, stalle. Ovunque il suo con¬ siglio risolveva situazioni diffìcili, specie nei rapporti con le autorità locali. La semplice sua presenza dava altro significato ad ogni iniziativa; Franco Cuneo fu però sempre schivo per ogni forma di pubblicità e silenziosa¬ mente si allontanava, cercando di non farsi notare nelle varie inaugurazioni che seguivano le realizzazioni.
La modestia era l’altra sua forza fondamentale ed era da questa che nasceva la semplicità del suo agire. Tante trattative videro una rapida e felice conclusione grazie al suo apporto mediatore.
Avrebbe voluto e potuto fare molto di più in questo campo se il «fia¬ tone» non gli avesse negli ultimi tempi limitato gli spostamenti. L’asma infatti lo tormentava e gli rendeva penoso ogni movimento, limitando quanto invece lo spirito voleva fare.
Nella tarda mattinata del 10 dicembre passai come al solito da lui, ancora atteso ai problemi di sempre, in una pausa mi guardò e con aria stanca mi disse: «spero di vedere Natale»... morì la sera stessa.
Il dott. Franco Cuneo ha pubblicato su riviste scientifiche specializzate articoli di argomento diverso. Vengono elencati, in seguito, i lavori principali. Observations on thè breeding of thè Klipspringer Antelope, Oreotragus
oreotragus , and thè behaviour of their Young born az thè Naples Zoo.
Interri. Zoo Yearb.; 1965, 5: 45-48, London.
Quarantine and acclimatization station at Naples Zoo. Intern. Zoo Yearb.;
1965, 5; 251-252, 1 fìg., London.
Astroni Volcano Wild Animai Park. Intern. Zoo Yearb.; 1966, 6: 293, London. Notes on breeding thè King vulture Sarcoramphus papa at Naples Zoo.
Intern. Zoo Yearb.; 1968, 8: 156-157, London.
Progress report on thè Astroni Volcano Wild Animai Park, Naples. Intern.
Zoo Yearb.; 1968, 8: 214-215, London.
Uber Brut und Zucht des Konigsgeiers (Sarcoramphus papa) in Zoo Nea-
pel. Zoo/. Garten ; 1969, 36 (6): 261-266, 6 figg., Leipzig.
Domenico Scaramella
Boll. Soc. Natur. Napoli
voi. 92, 1983, pp. 17-49, figg. 14, tabb. 3, tavv. 3
Su alcuni organi riproduttori isolati di Dasicladacee
nel Cretacico dell’ Appennino (*)
Nota del socio Filippo Barattolo (**)
Riassunto. — Viene istituita Russoeìla radoiciciae n. gen. n. sp., nuovo parata- xon basato sulla forma e sull’organizzazione di organi riproduttori di Dasicadali fos¬ sili che si rinvengono, nelle rocce, isolati dai talli che li producevano. La «specie- tipo» proviene dall’Albiano superiore dei dintorni di Caserta (Appennino meridio¬ nale). Vengono fornite indicazioni sulla sua morfologia, sulla variabilità dei caratteri biometrici più significativi e sull’ecologia. Viene segnalata, inoltre, la presenza di un’altra Russoeìla, molto affine alla precedente, Russoeìla cf. radoiciciae, riscontrata nel Cretacico inferiore (probabile Albiano) dei dintorni di Avellino (Appennino meridionale). I test statistici applicati ai due parataxa sembrano mostrare l’esistenza di differenze significative di alcuni parametri biometrici; tuttavia, non avendo per il momento elementi sufficienti per valutare l’importanza di queste differenze si ritiene opportuno attribuire, ma dubitativamente, anche gli esemplari della zona di Avellino alla «specie-tipo» del genere.
Termini chiave. Paleobotanica, Dasycladaceae, nuovo taxon (Russoeìla), Albiano superiore, Italia (Appennino meridionale).
Summary. — Russoeìla radoiciciae n. gen. n. sp., new parataxon is established; it is based only on thè shape and structure of thè reproductive organs of fossil Dasy- cladales which are found, in thè rocks, isolated from thè thalli that produced them. The «type-species» come from thè Upper Albian of thè environs of Caserta (Sout¬ hern Apennines). Information on its morphology, on thè variability of its most signi- fìcant biometrical characters and on ecology is supplied. Moreover thè presence of another Russoeìla , very similar to thè former «species», Russoeìla cf. radoiciciae,
(*) Lavoro eseguito con il contributo del C.N.R. e del M.P.I.
(**) Istituto di Paleontologia dell’Università - Largo S. Marcellino 10, 80138 Napoli.
Un ringraziamento cordiale rivolgo ai proff. Lucia Simone e Gabriele Caran- nante dell’Istituto di Geologia e Geofisica dell’Università di Napoli per le indica¬ zioni sui caratteri petrografici dei campioni studiati.
18 Filippo Barattolo
found in thè Lower Cretaceous (probably Albian) of thè environs of Avellino (Sout¬ hern Apennines) is marked out. Statistica! tests applied to thè two parataxa seem to show thè existence of significant differences of some biometrical parameters; nevertheless, as at thè moment we have not sufficient data to estimate thè impor- tance of these differences, we have thought suitable to ascribe, but in a doubtful way, thè specimens of thè environs of Avellino to thè « type-species » of thè genus.
Introductton. In thè Cretaceous shelf facies formations of thè Apennines it is possible to find in levels between thè Albian and Cenomanian age some lenticular little fossils having inside a small number of globular cavities placed in thè equato- rial piane. They are quite comparable with thè reproductive organs of Triploporella (Upper Jurassic - Cretaceous, (?) Paleocene) and perhaps of Zittelina (Eocene) too. In some kinds of sections these fossils recali even thè spiculae fìlling thè derma of some Holothurians (for example Holothuria fabulosa Gmelin) up.
The opportunity to assemble these fossils in a conventional genus, that is in a parataxon, for which thè name of Russoella is proposed, is recognized because of thè impossibility to ascribe them to a Linnean taxon.
Diagnosis of thè genus Russoella. More or less flattened lenticular little bodies having inside a small number of globular cavities placed in thè equatorial piane. These fossils are likely to be ascribed to reproductive organs of Dasycladales and thè cavities inside to thè rooms occupied by cysts.
Systematical attribution. In thè paleontological literature a lot of microfossils, here below-mentionad, hearing a more or lesser degree resemblance to thè studied ones, are known. I refer to thè spiculae of some Acetabularia ( Acetabularia schenkii Moebius) and Aciculari a to thè lenghtened ellipsoidal calcified reproductive organs of Halicoryne spicata (Kutzing) Solms-Laubach, to thè globular calcified ampul- lae of Digite Ila Morellet & Morellet 1913 and Maupasia Morellet & Morellet 1917, from thè spherical to thè discoidal spiculae assembled in thè genus (parata¬ xon) Terquemella Morellet & Morellet 1913 and finally to thè lenticular repro¬ ductive organs of Zittelina (?) sp. 1 and Triploporella Steinmann 1880 (figs. 1-3).
The investigation of thè above-mentioned genera shows that:
a) The examined fossils have thè greatest analogies with thè reproductive organs of Dasycladales and, therefore, they must be referred to those algae even if with some reserve.
b ) Considering what can be observed also in other living Dasycladales , cysts can calcifie or not and - what is more significant for our problem - can cluster in extremely different ways inside thè same genus. A meaningful example is supplied by Acetabularia Lamouroux 1816 (fig. 1 A-C); in this genus Acetabularia mediterra¬ nea Lamouroux has uncalcified cysts placed confusedly inside thè fertile ampullae. On thè contrary in Acetabularia antillana (Solms-Laubach) confusedly placed cysts have calcified walls; in Acetabularia schenckii thè room of thè fertile ampulla is enti- rely filled by a club-shaped calcareous spicula in whose circumference thè cysts are placed.
Su alcuni organi riproduttori di Dasicladacee, ecc. 19
The problem of thè relations between Acetabularia which is pointed out begi li¬ fting from thè Oligocene (Squinàbol, 1902 p. 3) and thè older genus Acicularia and its similar forms (Aciculella Pia 1927, Holosporella Pia 1930 and Atractyliopsis Pia 1937) is beyond thè present work; nevertheless thè considerations above-mentioned could serve even to give vaine to thè opportunity to continue to distinguisi! in a separate genus (that is Acicularia D’Archiac 1843) thè more or less club-shaped reproductive organs with cysts placed peripherically.
Less meaningful changes in thè reproductive organs morphology and in thè cyst distribution inside thè same genus are found even in Digitella , whose calcifìed ampullae with cysts placed peripherically are globular in Digitella dactyloporoides Morellet & Morellet and lenticular in Digitella radoiciciae Bystricky.
c) Reproductive organs calcifìed or not having thè same shape and similar cyst distribution inside them seem to be ab le to occur not only in different species of thè same genus but also in different genera. A meaningful example is given by some living species of thè genera Chlorocladus Sonder 1871 and Bornetella Munier- Chalmas 1877: Chlorocladus australasicus Sonder and Bornetella nitida (Harvey) present both uncalcifìed ampullae placed respectively at thè distai end of thè secon- dary branches and laterally on thè primary branches; ampullae are globular in both species and contain inside them cysts placed confusedly. Another example is sup- plied by Triploporella and some Eocenic specimens ascribable to Zitte lina or to another closer related genus (see fìgs. 3-4). In both taxa thè calcifìed reproductive organs are lenticular and have a small number of cysts placed in thè equatorial piane. Also both Digitella and Maupasia can show globular calcifìed reproductive organs with Peripherie cysts (for example Digitella dactyloporoides and Maupasia parisiensis Morellet & Morellet); nevertheless thè latter example could not be very indicative because of few marked generic differences between them.
Considering what has been already said before and especially at thè point c it seems suitable to assemblee in thè conventional genus (parataxon) Russoella all thè reproductive organs like those which are in Triploporella and, perhaps, in Zittelina too, when it is impossibile to know thè characters of thè thalli from which they come because of their presence in thè rocks isolatedly.
Diagnosis of Russoella radoiciciae n. gen. n. sp. Lenticular calcareous little bodies containing inside 3-8 cavities all placed in thè equatorial piane. In thè equa¬ torial sections fossils have circular or subcircular shape and each cavity inside them has a subcircular outline: slightly ovai or at least very often so; thè cysts have their most arcuated part inwards. Each cavity comunicates outwards through an opening rather wide but smaller than thè transversai width of thè cavity (fìg. 6); all thè ope- nings open in thè equatorial edge. Cavities are separated from each other by a stout calcareous wall that becomes stouter when thè number of cavities is rather small (3-4).
In thè axial sections fossils have an elliptical shape and usually show two circu¬ lar cavities placed along thè major axis.
The most significant biometrica! values are supplied in thè table I.
20 Filippo Barattolo
Premessa
Nelle successioni del Cretacico in facies di piattaforma carbonatica dell’ Appennino è possibile rinvenire in livelli di età compresa tra l’Albiano ed il Cenomaniano alcuni fossili di piccole dimensioni, lenticolari, recanti alfinterno un piccolo numero di cavità globose disposte nel piano equato¬ riale. Essi sono del tutto confrontabili con gli organi riproduttori delle Tri- ploporelle (Giurassico superiore - Cretacico, (?) Paleocene) e forse anche delle Zitteline (Eocene). In alcuni tipi di sezione questi fossili ricordano anche le spicole che gremiscono lo strato mediano della parete del corpo di alcuni Oloturoidei (per esempio Holothuria tuhulosa Gmelin).
Nell’impossibilità di attribuire correttamente ad un taxon linneano questi fossili (vedi quanto esposto in seguito) si è ravvisata l’opportunità di raggrupparli in un genere convenzionale, cioè in un parataxon, per il quale viene proposto il nome di Russoella.
Ord. D AS YCL AD ALE S (Pasker) Feldmann 1938 Fam. DASYCLADACEAE Kùtzing 1843
RUSSOELLA n. gen.
Specie tipo del genere. Russoella radoiciciae n. gen. n. sp.
Origine del nome. Il genere è dedicato al prof. Antonio Russo, Diret¬ tore dell’Istituto di Palentologia dell’Università di Napoli.
Diagnosi. Corpiccioli lenticolari più o meno depressi, provvisti all’in¬ terno di un piccolo numero di cavità globose disposte nel piano equato¬ riale. Questi fossili sono attribuibili verosimilmente ad organi riproduttori di Dasicladali e le cavità al loro interno ai vani occupati dalle cisti.
►
Fig. 1. — A-C: visualizzazione del grado di calcificazione delle cisti nel genere Ace- tabularia. A = cisti non calcificate (per es. Acetabularia mediterranea ); B — cisti con parete calcificata (per es. Acetabularia antillana)\ C = cisti ricchiuse in una spicola (per es. Acetabularia schenckii)\
D-E: Schematizzazione di alcune morfologie di spicole di Acicularia. D = Acicularia tipo Acicularia eocaenica (a destra in basso: Acicularia he berti ; a destra in mezzo: Acicularia eocaenica ; a destra in alto: Acicula-
Su alcuni organi riproduttori di Dasicladacee, ecc. 21
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F: Visualizzazione di una porzione di tallo di Haiicoryne spicata (a sinistra) e dei suoi organi riproduttori in sezione longitudinale (a destra in alto) e trasversale (a destra in basso). In nero è stata indicata la calcificazione.
22 Filippo Barattolo
Attribuzione sistematica. Nella letteratura paleontologica sono noti numerosi microfossili, qui di seguito elencati, che presentano in vario grado somiglianze con quelli in esame. Mi riferisco alle « spi cole » di alcune Acetabularie (. Acetabularia schenckìì Moebius) e delle Acicularie, agli organi riproduttori calcificati ellissoidici allungati di Halicoryne spicata (Kutzing) Solms-Laubach, alle ampulle calcificate globose di Digitella Morellet & Morellet 1913 e Maupasia Morellet & Morellet 1917, di forma varia, da sferici a discoidali raggruppati nel genere (parataxon) Ter- quemella Morellet & Morellet 1913 ed infine a quelli lenticolari di Zit- telina sp. 1 e Triploporella Steinmann 1880 (fìgg. 1-3).
L’esame dei generi indicati mette in evidenza che:
a) i fossili riscontrati presentano le maggiori analogie con gli organi riproduttori delle Dasicladali e, quindi, è a queste alghe che essi, anche se con riserva, vanno riferiti.
b) Tenuto conto di quanto si osserva anche in altre Dasicladali attuali, le cisti possono calcificare o non e - cosa ancor più significativa per il nostro problema - possono raggrupparsi fra loro in modi estremamente differenti nel’ambito di uno stesso genere. Un esempio eloquente è fornito, al riguardo, dal genere Acetabularia Lamouroux 1816 (fìgg. 1 A-C); in questo taxon Acetabularia mediterranea Lamouroux presenta cisti non cal¬ cificate disposte senza alcun ordine all’interno delle logge fertili. In Aceta¬ bularia antillana (Solms-Laubach), invece, le cisti - distribuite pure esse senza alcun ordine - presentano la parete calcificata; in Acetabularia schenckii il vano della loggia fertile è interamente riempita da una spicola calcarea claviforme alla periferia della quale sono ubicate le cisti.
Il problema delle relazioni tra il genere Acetabularia che viene segna¬ lato a partire dall’Oligocene (Squinabol 1902 p. 3) ed il genere più antico Acicularia e le forme ad esse somiglianti (. Aciculella Pia 1927, Holosporella Pia 1930 e Atractyliopsis Pia 1937) esula dal presente lavoro; tuttavia le considerazioni qui esposte potrebbero servire anche ad avvalorare l’oppor¬ tunità di continuare a tenere distinti in un genere separato (appunto il genere Acicularia D’archiac 1843) gli organi riproduttori più o meno clavi- formi con cisti disposte alla periferia. Variazioni - per quanto meno signifi¬ cative - della morfologia degli organi riproduttori e della distribuzione
1 È probabile - con le riserve imposte dall’esame soltanto delle fotografie for¬ nite da Morellet & Morellet, (1913, tav. 3 fìg. 5) e Deloffre & Genot (1982, tav. 20 fig. 5) - che l’organizzazione degli organi riproduttori (di tipo Russoella ) possa servire a differenziare il genere Zittelina da quello affine Maupasia.
Su alcuni organi riproduttori di Dasicladacee , ecc. 23
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L: schematizzazione di alcune morfologie di spicole di Terquemella in sezione assiale (in alto) ed equatoriale (in basso). In nero è stata indicata la calcificazione. 1 = Terquemella tipo Terquemella parisiensìs ; 2 = Terquemella tipo Terquemella bellovacensis ; 3 = Terquemella tipo Terquemella dissimilis. x 18 ca.
24 Filippo Barattolo
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Q: schematizzazione di Russoella radoiciciae n. gen. Ingrandimento degli organi riproduttori: x 120 ca.
Su alcuni organi riproduttori di Dasicladacee, ecc. 25
delle cisti, nell’ambito di uno stesso genere, si riscontrano anche in Digi- tella le cui ampulle calcificate con cisti disposte alla periferia sono globose
Fig. 4. — Zittelina sp. Particolare di una sezione obliqua che mostra gli organi riproduttori di forma lenticolare (x 27 ca.). L’organo riproduttore figurato in basso a destra corrisponde a quello indicato dalla freccia (x 150 ca). Eocene (Cuisiano). Sezione sottile A. 2994.1.
in Digite II a dactyloporoides Morellet & Morellet e lenticolari in Digi- tella radoiciciae Bystricky.
c) Organi riproduttori calcificati o non calcificati della stessa forma e con distribuzioni simili delle cisti al loro interno, sembrano poter ricor-
26 Filippo Barattolo
rere non solo in specie distinte di uno stesso genere ma anche in generi diversi. Un esempio significativo è offerto da specie viventi dei generi Chlorocladus Sonder 1871 e Bornetella Munier Chalmas 1877: Chlorocla- dus australasicus Sonder e Bornetella nitida (Harvey) presentano ambe¬ due ampulle non calcificate disposte rispettivamente nella porzione distale dei rami di secondo ordine e lateralmente sul ramo primario; in ambedue le specie le ampulle hanno forma sferica e contengono cisti disposte irrego¬ larmente al loro interno. Un altro esempio è fornito dal genere Triplopo- rella e da alcune forme dell’Eocene riferibili al genere Zittelina (vedi figg. 3-4). In ambedue i taxa gli organi riproduttori sono calcificati, hanno forma lenticolare e portano un numero limitato di cisti disposte nel piano equato¬ riale. Anche Digit eli a e Maupasia possono presentare ambedue organi riproduttori calcificati, globosi e con cisti periferiche (per es. Digitella dac- tyloporoides e Maupasia parisiensis Morellet & Morellet); tuttavia quest’ultimo esempio potrebbe essere poco indicativo a causa delle diffe¬ renze poco marcate di rango generico fra i due taxa.
Tenuto conto di quanto si è già detto in precedenza e soprattutto al punto c sembra conveniente riunire nel genere convenzionale (parataxon) Russoella tutti gli organi riproduttori simili a quelli osservabili nelle Triplo- porelle e nelle Zitteline quando ricorrendo isolati nella roccia non sia pos¬ sibile conoscere i caratteri dei talli da cui derivano.
Rapporti e differenze. Gli organi riproduttori raggruppati nel genere Russoella differiscono da tutti quelli noti - ad eccezione di quelli di Triplopo- rella e di Zittelina sp. - per avere un numero limitato di cisti disposte in uno stesso piano. Qualche confronto potrebbe anche effettuarsi tra Russoella e gli organi riproduttori calcificati, discoidi, con cisti in gran numero disposte irre¬ golarmente in uno stesso piano, di Terquemella dissimilis Morellet & Morellet 1922 (vedi fig. 2 L3); non è azzardato pensare, però, che questa distribuzione abbia una genesi diversa da quella osservabile in Triploporella, Zittelina sp. e Russoella e derivi, per riduzione dello spessore, da un organo riproduttore lenticolare con distribuzione periferica delle cisti.
Distribuzione crono stratigrafica e geografica. Il genere è stato riscontrato, nell’Appennino, oltre che nella località-tipo di Russoella radoi- ciciae anche in altre località della Campania (Cenomaniano di Serra delle Macchietelle nel Massiccio del Matese; Albiano di Monte Chiame presso Volturara Irpina in provincia di Avellino; Cretacico medio di Monte S. Angelo Palomba presso Nola in provincia di Napoli).
Su alcuni organi riproduttori di Dasicladacee, ecc. 27
Fuori d’Italia il genere sembra essere presente - con le riserve che impone l’esame delle fotografie delle pubblicazioni - nel Titonico dei monti di Tlemen (Algeria) (Jaffrezo & Benest 1975 tav. 7 fig. 10, esem¬ plare al centro); limite Barremiano-Bedouliano di Gorges du Frou (Char¬ treuse, Francia) (Arnaud-Vanneau, 1980 tav. 109 fig. 7, sub Terquemella sp.); Berriasiano-Hauteriviano della Provenza (Masse, 1975 tav. 5 figg. 13- 15, sub Terquemella (?) cf. triangularis ); Turoniano-Senoniano di Pocuta (Serbia occidentale) Radoicic, 1981 tav. I fig. 3, sub scleriti di Oloturia).
Russoella radoiciciae n. sp.
Origine del nome. La specie è dedicata alla Sig.ra dr.ssa Raika Radoi¬ cic dello Zavod za geoloska i geofìzicka Istrazivanja di Belgrado a cui si devono fondamentali contributi alla conoscenza delle dasicladali fossili.
Olotipo. Esemplare di tav. I, fig. 2; sezione sottile A. 2168.4.
Isotipi. Esemplari dei preparati A. 2168.1 - A. 2168.6, in parte figurati alla tav. I, figg. 1, 2, 4, 5, 6, 8, 12, 13, 14.
Deposito. L’olotipo e gli isotipi sono conservati presso l’Istituto di Paleontologia dell’Università di Napoli (collezione De Castro).
Località-tipo. Monte Calvi presso il centro abitato di Garzano in pro¬ vincia di Caserta in Campania (Tav. 172 II SE - Caserta ). Più esattamente il campione A. 2168 è stato raccolto alla quota di circa 230 metri alle pendici occidentali del rilievo (vedi fig. 5).
Livello-tipo. Il campione (A. 2168) che ha fornito l’olotipo e gli iso¬ tipi è una calcarenite di colore avana scuro che in sezione sottile si pre¬ senta costituita da due tipi litologici. Il primo consiste in un fango lutitico- siltitico relativamente ricco in clasti ( wackestone passante a packstone ); i clasti sono costituiti quasi essenzialmente da fossili e subordinatamente da peloidi. I fossili sono rappresentati da alghe, Foraminiferi, Ostracodi e Mol¬ luschi. Le alghe sono costituite da organi riproduttori di Dasicladali ( Rus¬ soella radoiciciae n. sp. e Terquemella sp.); i Foraminiferi sono rappresen¬ tati, invece, da Miliolidi ( Quinqueloculina sp.), piccoli esemplari arenacei a guscio trocoide e rare Cuneolina pavonia parva Henson. Tra i Molluschi sono presenti Lamellibranchi (tra cui Pachiodonti) e Gasteropodi.
28 Filippo Barattolo
Il secondo tipo litologico consiste anch’esso in un sedimento lutitico- siltitico ma con clasti poco frequenti ( wackestone); questi ultimi sono costi¬ tuiti quasi essenzialmente da gusci di Ostracodi.
Fig. 5. — Porzione della tavoletta 172 II NE - Caserta alla scala 1:25000. Dai tipi dell’Istituto Geografico Militare (aut. n. 1909 in data 29-3-1983). La loca¬ lità contrassegnata da un asterisco rappresenta quella di provenienza del campione studiato e corrisponde alla località-tipo di Russoella radoiciciae n. gen. n. sp.
In entrambi i due tipi litologici è bene evidente una fase diagenetica vadoso-freatica che è responsabile della diffusa dissoluzione degli orga¬ nismi aragonitici e della ridistribuzione della frazione più sottile, lutitica e siltitica, del sedimento negli ampi sistemi di cavità di percolazione
Su alcuni organi riproduttori di Dasicladacee , ecc . 29
create. Alcuni b lodasti... tra cui i gusci di Gasteropodi e Lamellib ranchi, risul¬ tano infatti disciolti e colmati sia da sedimento siltitico che da calcite spatica.
Il campione studiato proviene dal tratto mediano della porzione più bassa (compresa tra la quota di 170 e 335 metri s.l.m.) della fitta campionatura ese¬ guita da De Castro (1965, p. 329-332) in occasione dei suoi primi studi sui Foraminiferi del Cenomaniano della Campania. NelPintervallo sopracitato la successione è costituita secondo V Autore indicato da: «Calcari costituiti prevalentemente da calcilutiti, subordinatamente da calcarenìtì a matrice pre¬ valentemente microcristallina, di colore avana , in strati di spessore variabile da 20 a 120 centimetri compresi per lo più tra 30 e 70 cm. I fossili osservati sul terreno , quasi sempre più abbondanti nei livelli Iutifici, sono rappresen¬ tati da Acteoneiie, Ne rime, altri Gasteropodi turricolati e Diceratidi.
Le microfacies mettono in evidenza oltre ai Molluschi su citati , principal¬ mente Foraminiferi arenacei e porceìlanacei ; in misura del tutto subordinata Ostracodì, Esacoralli , radìolì di Echinoidi ed Alghe tra cui Thaumatoporella, Codìacee (Cayeuxia e Boueina), Dasicladacee e limitatamente alla parte più bassa , Bacinella.
Tra i Foraminiferi si riscontrano soprattutto forme appartenenti alle famiglie Textulariidae, Trochamminidae, Barkerìnidae con Nezzazzata, Orbitolinidae, Ataxophragmiidae con Cuneoline dì tipo primitivo in vìa di estinzione e Cuneoline di tipo evoluto , Fischerinidae con Vidalina nella parte più alta , Miiiolidae ( rappresentate soprattutto dai generi Quinqueloculina, Nummo! oculina, Spiroloculina), Soritidae rappresentate quasi esclusiva¬ mente da Peneroplis planatus parvus. Per quanto in misura minore o solo occasionalmente sono anche presentì Ammodiscidae, Lituolidae, Ah' e olino dae e Foraminiferi a guscio trocoide calcareo perforato ».
Il campione A. 2168 contenente Russoella radoìcicìae si trova circa una ventina di metri dì potenza al di sotto della comparsa di Peneroplis parvus (De Castro) ed Ovaiveolìna crassa De Castro ed è ascrivibile pertanto (De Castro 1980; De Castro 1982 nota 2) alFAlbiano più alto (Vraco- niano). La specie in esame è rinvenibile, anche se sporadicamente, al di sotto del campione dei tipi per uno spessore di una decina di metri.
Diagnosi. Cor piccioli calcarei di forma lenticolare contenenti ai f in¬ terno 3-8 cavità globose tutte disposte sul piano equatoriale.
Nelle sezioni equatoriali i fossili hanno forma circolare o sub circolare e le cavità al loro interno hanno ciascuna un contorno subcircolare: debol¬ mente ovale o almeno più frequentemente tale, con la porzione meno dila¬ tata rivolta verso Pinterno. Ogni cavità comunica con l’esterno con una apertura piuttosto ampia ma minore dell’ampiezza trasversale della cavità
30 Filippo Barattolo
(fìg. 6); tutte le aperture si aprono sul margine equatoriale. Le cavità sono separate tra di loro da robuste pareti calcaree e si fanno ancor più spesse quando il numero delle cavità è piuttosto basso (3-4).
Fig. 6. — Russoella radoiciciae n. gen. n. sp. Visualizzazione di una sezione assiale (in alto) e di una sezione equatoriale (in basso), de = diametro equato¬ riale dell’organo riproduttore; da = diametro assiale dell’organo riprodut¬ tore; ar= ampiezza radiale delle cisti; at = ampiezza trasversale delle cisti; av = ampiezza verticale delle cisti.
In sezione assiale i fossili hanno forma ellittica e mostrano di norma due cavità circolari disposte lungo Tasse maggiore.
I valori biometrici più significativi sono riportati in tabella I.
TABELLA I
Russoella radoiciciae n.gen n.sp. Valori dei caratteri biometrici più significativi. Gli intervalli di variabilità sono scritti in neretto, i valori medi e la deviazione standard sono scritti in caratteri normali; fra parentesi, in corsivo, è indicato il numero di misure effettuate. Tutti i valori dimensionali sono espressi in millimetri, (de = dia¬ metro equatoriale dell’organo riproduttore; da — diametro assiale dell’organo ripro¬ duttore; ar = ampiezza radiale delle cisti; at = ampiezza trasversale delle cisti; av = ampiezza verticale delle cisti; nc = numero di cisti).
0,080 - 0,15 |
0,028 - 0,050 |
||
de |
0,1102 ± 0,011806 |
at |
0,03755 + 0,0045298 |
(158) |
(81) |
||
0,050 - 0,080 |
0,030 - 0,048 |
||
da |
0,06367 + 0,017404 |
av |
0,03827 4- 0,0042048 |
(42) |
(42) |
||
0,025 - 0,047 |
3-8 |
||
ar |
0,03779 + 0,0042365 |
nc |
4,544 + 0,96867 |
(105) |
(68) |
Su alcuni organi riproduttori dì Dasicladacee, ecc. 31
Osservazioni generali sul campione studiato ed indagine stati¬ stica. Il materiale utilizzato per la descrizione della specie in esame è costituito da un campione calcareo di colore avana scuro da cui sono state ricavate sei sezioni sottili A. 2168.1 - A. 2168.6 (nelle sigle i primi due ter¬ mini si riferiscono alla sigla del campione, l’ultimo sta ad indicare il numero d’ordine del preparato).
Gli esemplari studiati di Russoella radoicicìae sono in buone condi¬ zioni di fossilizzazione; essi si presentano distribuiti irregolarmente nella roccia, talora raggruppati e, pertanto, sono interessati dal taglio in maniera differente.
Lo studio statistico si basa su oltre 150 esemplari in sezione equato¬ riale, obliqua ed assiale, appartenenti a due sezioni sottili: A. 2168.2 e A. 2168.4. I parametri biometrie! sono il diametro equatoriale (de) ed il dia¬ metro assiale (da) dell’organo riproduttore; inoltre, l’ampiezza trasversale (at), l’ampiezza radiale ( ar ) e l’ampiezza verticale (av) delle cisti; infine il numero di cisti (nc). Di ciascun parametro vengono forniti la media, Ter¬ rore standard ed il numero di esemplari su cui è stato eseguito il calcolo (vedi tab. I); vengono forniti, inoltre, tre istogrammi relativi al diametro equatoriale (de), a quello assiale (da) ed al numero di cisti (nc) in fun¬ zione del numero di esemplari in percento (figg. 7-8). Gli istogrammi sono risultati tutti unimodali: ciò sembra indicare una certa omogeneità del campione di esemplari studiato.
Allo scopo dì determinare le eventuali relazioni fra il numero delle cisti, la loro ampiezza radiale (ar) e quella trasversale ( at ) e, inoltre, il dia¬ metro equatoriale degli organi riproduttori (de), si è calcolato il coeffi¬ ciente di correlazione fra il numero dì cisti e tutti gli altri parametri indi¬ cati. L’analisi ha messo in evidenza che il numero delle cisti (nc) è diretta- mente proporzionale alla ampiezza radiale delle cisti stesse (ar), cioè all’aumentare del numero delle cisti cresce anche la loro ampiezza radiale (fig. 9); esso è pure direttamente proporzionale al diametro equatoriale dell’organo riproduttore (de), cioè alTaumentare del numero di cisti aumenta anche il diametro equatoriale degli organi riproduttori (fig. 9); il numero delle cisti, infine, è inversamente proporzionale ai Tarn pie zza tra¬ sversale delle cisti (at), cioè alTaumentare del numero delle cisti dimi¬ nuisce l’ampiezza trasversale delle cisti stesse (fig. 10) (vedi anche tab. II e disposizione e numero di cisti).
Forma e dimensioni degli organi riproduttori. Gli organi riprodut¬ tori hanno una forma lenticolare; si presentano perciò ellittici in sezione assiale e circolari in sezione equatoriale. Quando, però, il numero delle
32 Filippo Barattolo
Fig. 7. — Russoella radoiciciae n. gen. n. sp. Al lato sinistro della figura è riportata la variabilità dell’ampiezza equatoriale {de), espressa in millimetri, in funzione del numero di individui espresso in %; la variabilità è dedotta da 158 esemplari. Al lato destro della figura è riportata la variabilità dell’ampiezza assiale {da), espressa in millimetri, in funzione del numero di individui espresso in %; la variabilità è dedotta da 42 esem¬ plari.
Fig. 8. - Russoella radoiciciae n. gen. n. sp. Variabilità del numero di cisti {nc) in funzione del numero di individui espresso in %; la variabilità è dedotta da 68 esemplari.
Su alcuni organi riproduttori di Dasicladacee, ecc. 33
Fig. 9. — Russoella radoiciciae n. gen. n. sp. Variabilità del diametro equatoriale {de) (in basso) e dell’ampiezza radiale delle cisti (ar) (in alto) in fun¬ zione del numero di cisti (nc). Ad ogni cerchietto del diagramma corri¬ sponde un unico esemplare. Tutti i valori dimensionali sono espressi in millimetri.
34 Filippo Barattolo
Fig. 10. — Russoella radoiciciae n. gen. n. sp. Variabilità dell’ampiezza trasversale delle cisti ( at ) in funzione del numero di cisti ( nc ). Ad ogni cerchietto del diagramma corrisponde un unico esemplare. Tutti i valori dimensio¬ nali sono espressi in millimetri.
TABELLA II
Russoella radoiciciae n. gen. n. sp. Tabella riassuntiva delle somme dei valori sem¬ plici, dei valori elevati al quadrato e del prodotto nc di alcuni parametri biometrici {de, ar, at ed nc) di Russoella radoiciciae in relazione al numero delle cisti. (S de = somma dei valori del diametro equatoriale; S ar= somma dei valori dell’ampiezza radiale delle cisti; S at = somma dei valori dell’ampiezza trasversale delle cisti; S nc= somma dei valori del numero di cisti; D de x nc= somma dei prodotti dei valori del diametro equatoriale per il numero di cisti; S ar x nc = somma dei pro¬ dotti dell’ampiezza radiale delle cisti per il numero di cisti; S at x nc = somma dei prodotti dell’ampiezza trasversale delle cisti per il numero di cisti; S de2 = somma dei valori del diametro equatoriale elevati al quadrato; S ar2 — somma dei valori dell’ampiezza radiale delle cisti elevati al quadrato; S at2 = somma dei valori dell’ampiezza trasversale delle cisti elevati al quadrato; S nc1 = somma dei valori del numero di cisti elevati al quadrato; n = numero di individui).
de - nc ar - nc at - nc
n = 68
S de = 723,12 x IO-2 S nc = 309
S dexnc= 3336,43 x IO-2 S de2 = 7796,4266 x IO-4 S nc2 = 1467
n — 64
S ar= 243,32 x IO-2 S nc = 293
S arxnc= 1139,01 x IO-2 S ar 2 = 936,2738 x IO-4 S nc2 = 1401
n = 55
S at= 208,63 x 10~2 S nc — 254
S atx nc= 953,06 x IO-2 S at 2 = 802,3947 x IO-4 S nc2 = 1230
Su alcuni organi riproduttori di Dasicladacee, ecc. 35
delle cisti è soltanto di tre, la sezione equatoriale può assumere una forma sub triangolare. Le superfici superiore e inferiore (zone polari) dell’organo riproduttore presentano, in genere, una convessità moderata; quest’ultima, probabilmente, si addolcisce ulteriormente nelle forme con un numero di cisti relativamente elevato.
Il diametro equatoriale ( de ) varia fra 0,080-0,15 mm. I valori sono stati misurati sulle sezioni equatoriali e subequatoriali e, in misura del tutto subordinata, sulle sezioni oblique centrate del tipo 01 (vedi fig. 11).
\
\
\
Fig. 11. — Russoella radoiciciae n. gen. n. sp. Nomenclatura di alcune sezioni.
A = sezione assiale; E = sezione equatoriale; 0\ — sezione obliqua cen¬ trata; 02 ,= sezione obliqua non centrata; T\ — sezione tangenziale interna; T2 = sezione tangenziale esterna; J] ~ sezione tangenziale asim¬ metrica.
36 Filippo Barattolo
Questo parametro è direttamente proporzionale al numero delle cisti (vedi disposizione e numero di cisti).
Il diametro assiale (da) varia probabilmente tra 0,050-0,080 mm. La misura di questo parametro è piuttosto problematica in quanto anche le sezioni oblique centrate e quelle tangenziali presentano figure morfologica¬ mente simili alle sezioni assiali (vedi fig. 11). Le sezioni oblique centrate (fig. 11 Oi) forniscono sempre valori di da maggiori di quelli reali; esse possono differenziarsi dalle assiali per un contorno maggiormente arroton¬ dato e una maggiore calcificazione nella regione «assiale». Le sezioni tan¬ genziali forniscono, al contrario, sempre valori del diametro assiale che sono tanto piu piccoli quanto più si approssimano al margine equatoriale; quelle tangenziali più interne, di tipo Tx, potrebbero differenziarsi dalle sezioni assiali per un minore spessore di calcificazione interposto tra le cisti; le tangenziali esterne, di tipo T2 pur presentando una calcificazione tra le cisti di spessore simile a quello delle sezioni assiali, sono facilmente riconoscibili per la forma apparentemente semicircolare o semilunare delle cavità cistiche. Il diametro assiale (da) degli organi riproduttori è diretta- mente proporzionale a quello equatoriale (de) (fig. 12) e quindi anche al numero delle cisti (nc).
Forma e dimensioni delle cisti. Le cisti presentano una forma grosso¬ lanamente ovoide, nella sezione equatoriale la loro forma è debolmente ovale con la porzione meno dilatata rivolta verso finterno o meno spesso circolare; nella sezione assiale la loro forma è circolare. In ciascun organo riproduttore le cisti mantengono quasi sempre la stessa forma e le stesse dimensioni; solo quando il numero delle cisti diventa piuttosto elevato si può osservare qualche lieve irregolarità nella forma e nelle dimensioni. L’ampiezza radiale delle cisti (ar) è di 0,025-0,047 mm mentre quella tra¬ sversale (at) è di 0,028-0,050 mm; l’ampiezza verticale delle cisti (av) è di 0,030-0,048 mm.
In base a misure statistiche sembra che l’ampiezza radiale delle cisti (ar) sia direttamente proporzionale al numero di cisti; l’ampiezza trasver¬ sale delle cisti (at) si comporta, invece, in modo opposto, essa infatti è inversamente proporzionale al numero delle cisti (nc); l’ampiezza verticale delle cisti (av) è, infine, direttamente proporzionale al diametro equato¬ riale (de) degli organi riproduttori (fig. 12) e quindi anche al numero di cisti (vedi anche disposizione e numero di cisti).
Analisi statistiche applicate ai parametri ar, at e av (test, F, di varianza) hanno messo in evidenza che non esistono differenze apprezza¬ bili fra ar , o at, e av mentre risulta significativa la differenza fra ar e at. Le
Su alcuni organi riproduttori di Dasicladacee, ecc. 37
affinità che intercorrono tra ar , o at, con av sono dovute probabilmente al fatto che quest’ ultimo parametro è influenzato meno dal numero delle cisti e presenta, forse, un comportamento intermedio rispetto a quello degli altri due; questi risultano statisticamente diversi perché sono sottoposti verosi¬ milmente a tensioni di tipo opposto e reagiscono in modo differente al variare del numero delle cisti.
0,07
0,06
0,05
4~
Diametro equatoriale in mm
0,09 0,10 0,11 0,12 0,13
Fig. 12. — Russoella radoiciciae n. gen. n. sp. Variabilità del diametro assiale dell’organo riproduttore {da) (in basso) e dell’ampiezza verticale delle cisti ( av ) (in alto) in funzione del diametro equatoriale dell’organo ripro¬ duttore {de). Ad ogni cerchietto del diagramma corrisponde un unico esemplare. Tutti i valori dimensionali sono espressi in millimetri.
Disposizione e numero di cisti. Le cisti, qualunque sia il loro numero, giacciono tutte nel piano equatoriale dell’organo riproduttore. In un caso - da considerare però eccezionale - in cui le cisti sono in numero elevato (7) la distribuzione non è esattamente quella indicata poiché alcune cisti si abbassano o si elevano lievemente rispetto al piano equatoriale.
38 Filippo Barattolo
Il numero delle cisti ( nc ) di Russoella radioiciciae varia tra 3 e 8, ma presenta nella massima parte dei casi il valore di 4-5 (vedi fìg. 8).
Allo scopo di determinare le eventuali relazioni fra il numero delle cisti, la loro ampiezza radiale e quella trasversale e, inoltre, il diametro equatoriale degli organi riproduttori si è calcolato il coefficiente di correla¬ zione fra il numero di cisti e tutti gli altri parametri indicati. L’analisi ha messo in evidenza che il numero delle cisti (nc) è direttamente proporzio¬ nale all’ampiezza radiale (ar) delle cisti stesse, cioè all’aumentare del numero di cisti aumenta la loro ampiezza radiale (coefficiente di correla¬ zione (r): 0,95; intervallo di confidenza (95%) : 0,92-0,97); esso è diretta- mente proporzionale al diametro equatoriale (de) degli organi riproduttori, cioè all’aumentare del numero di cisti aumenta anche il diametro equato¬ riale degli organi riproduttori (coefficiente di correlazione (r): 0,61; inter¬ vallo di confidenza (95%): 0,43-0,75); il numero delle cisti, infine, è inver¬ samente proporzionale all’ampiezza trasversale delle cisti (at), cioè all’au¬ mentare del numero delle cisti decresce la loro ampiezza trasversale (coef¬ ficiente di correlazione (r)\ — 0,41; intervallo di confidenza (95%) : (-0,60) -(-0,14)).
Ricostruzione di russoella radoiciciae. Tenuto conto di quanto si è già detto sulla identificazione delle Russoelle con organi riproduttori calci¬ ficati di Dasicladali, il problema maggiore nella ricostruzione di ogni Rus¬ soella ed in particolare di Russoella radoiciciae risiede nello stabilire se questi organi riproduttori ammettessero, durante la vita, una parete che li delimitasse verso l’esterno.
Qui si è supposto che le Russoelle fossero sempre provviste di tale parete sia nel caso che appartenessero a forme coristospore sia che, invece, appartenessero a forme cladospore provviste di contenitori di cisti come Triploporella.
Nelle forme coristospore attuali più tipiche (per es. Bornetella oligo¬ spora, Batophora oerstedii ecc.) gli organi riproduttori ammettono sempre un involucro comune costituito dalle pareti dell’ampulla. Questo carettere, che peraltro è una necessità, doveva essere perciò presente anche nelle Russoelle provenienti da specie coristospore.
Nelle forme cladospore la presenza di una parete attorno ai contenitori di cisti è ipotizzabile in base alla forma delle cisti stesse: se infatti non fosse esistita questa parete che costituiva comunque un freno all’espan¬ sione del materiale in esso contenuto, le cisti avrebbero assunto sempre una forma sferica e non quella ovoide - o almeno più frequentemente ovoide - che è stata già descritta. Questa ipotesi concorda con il comporta-
Su alcuni organi riproduttori di Dasicladacee, ecc. 39
mento dell’ampiezza trasversale delle cisti (at) che decresce con l’aumentare del numero delle cisti ( nc ) mentre l’ampiezza radiale (ar) cresce in propor¬ zione (vedi fìgg. 9-10 e disposizione e numero di cisti). L’ipotesi sopra formu¬ lata concorda con le opinioni espresse da Thompson (1961) secondo cui le pareti cellulari, cui si possono assimilare le pareti cistiche, assumono, in man¬ canza di ostacoli, forme più simmetriche.
La ricostruzione fornita alla fig. 13 è pertanto conforme alle ipotesi sopra formulate.
Fig. 13. — Russoella radoiciciae n. gen. n. sp. Ricostruzione dell’organo riproduttore in sezione assiale (in alto) ed in sezione equatoriale (in basso). Le pareti dell’organo riproduttore non si rinvengono fossili. (Ingrandimento: x 200 ca.).
Ecologia. Il tipo di roccia, la presenza esclusiva di micrite, i segni di diagenesi vadoso-freatica - ai quali si è già accennato (vedi livello-tipo) - e il tipo di granuli, costituiti essenzialmente da bioclasti, lasciano ipotizzare che la specie in esame sia vissuta in zona di piattaforma carbonatica carat¬ terizzata da bassa profondità (poco al di sotto del limite di bassa marea) e da energia cinetica ambientale pressoché trascurabile.
Distribuzione cronostratigrafica e geografica. La specie è nota,
finora, nell’Albiano più alto (Vraconiano) della località tipo.
Russoella cf. radoiciciae
Tav. I fìgg. 3, 7, 941, 15
In occasione dell’istituzione del genere Russoella è stato studiato oltre al campione della specie-tipo anche un altro campione di roccia della colle-
40 Filippo Barattolo
zione De Castro, contenente esemplari riferibili allo stesso genere. Questo secondo campione, contrassegnato dal numero 7, fu raccolto nel 1962 dal prof. Italo Sgrosso, dell’Istituto di Geologia e Geofìsica delPUniversità di Napoli, nei pressi dell’abitato di Tavernole (provincia di Avellino), a monte della strada statale n. 7, al chilometro 323 e ad una quota di circa 780 m (tav. 185 I SE - Senno).
Dai test di comparazione delle varianze dei parametri corrispondenti dei due campioni è emerso che il diametro equatoriale degli organi ripro¬ duttori {de) e l’ampiezza radiale delle cisti (ar) sono altamente significa¬ tivi; il numero delle cisti (nc) è, invece, significativo, mentre i restanti parametri (diametro assiale degli organi riproduttori, l’ampiezza trasversale e verticale delle cisti) non sono significativi.
È possibile che le significatività statistiche non si oppongano alla iden¬ tità specifica degli esemplari dei due campioni confrontati. Sembra oppor¬ tuno, però, valutare con molta prudenza le differenze emerse: è per questo motivo che, in questa sede, le Russoelle della zona di Scrino vengono attri¬ buite dubitativamente a Russoella radoiciciae. Nuovi dati potranno permet¬ tere di valutare meglio l’importanza tassonomica delle significatività sopraindicate e di precisare la presente determinazione tassonomica.
I valori biometrici più significativi sono riportati in tab. III.
TABELLA III.
Russoella cf. radoiciciae. Valori dei caratteri biometrici più significativi. Gli intervalli di variabilità sono scritti in neretto, i valori medi e la deviazione standard sono scritti in caratteri normali; fra parentesi, in corsivo, è indicato il numero di misure effettuate. Tutti i valori dimensionali sono espressi in millimetri, {de = diametro equatoriale dell’organo riproduttore; da = diametro assiale dell’organo riproduttore; ar = ampiezza radiale delle cisti; at = ampiezza trasversale delle cisti; av = ampiezza verticale delle cisti; nc = numero di cisti).
0,078 - 0,136
de 0,103 + 0,011733 (59)
0,027 - 0,045
at 0,0369 ± 0,0049366 (29)
0,050 - 0,091 da 0,0659 ± 0,0096241 (25)
0,030 - 0,043 av 0,0373 + 0,0040215 (27)
0,027 - 0,047
ar 0,0375 ± 0,0048495 (56)
3-6
nc 4,36 ± 0,72673 (22)
Su alcuni organi riproduttori di Dasicladacee, ecc. 41
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Fig. 14, — Russoella cf. radoiciciae (•) e Russoella radoiciciae n. gen. n. sp. (O).
Variabilità del diametro equatoriale delPorgano riproduttore {de) (in basso) e dell’ampiezza radiale delle cisti ( ar ) (in alto) in funzione del numero di cisti, {nc). Tutti i valori dimensionali sono espressi in milli¬ metri. Notare le dimensioni minori dei due parametri di Russoella cf. radoiciciae rispetto a quelli di Russoella radoiciciae.
42 Filippo Barattolo
La fìg. 14 mette in evidenza i rapporti fra Russoella cf. radoiciciae e Russoella radoiciciae n. sp.
Il campione a Russoella cf. radoiciciae è costituito da una calcarenite di colore avana scuro; esso presenta, tra l’altro, caratteri petrografici del tutto simili a quelli del campione dei tipi ed indica, perciò il medesimo ambiente.
I fossili sono rappresentati da Alghe, Foraminiferi, Ostracodi e Mol¬ luschi. Le Alghe sono costituite pressoché essenzialmente da Russoella cf. radoiciciae. I Foraminiferi sono rappresentati da Miliolidi ( Quinqueloculina sp., Nummoloculina sp., Miliolinella sp. e Spiroloculina sp.) e rari Nubecula- ridi; sono inoltre presenti Cuneolina pavonia parva Henson, Sahaudia minuta (Hofker) ed altri Foraminiferi arenacei a guscio trocoide. I Mol¬ luschi sono rappresentati da gusci di Gasteropodi e più raramente da gusci di Lamellibranchi.
BIBLIOGRAFIA
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Su alcuni organi riproduttori di Dasicladacee , ecc . 43
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Presentata nella tornata del 28 gennaio 1983.
Accettata il 9 dicembre 1983.
TAVOLA I
Russoella radoiciciae n. gen. n. sp. e Russoella cf. radoiciciae
Figg. 1-2. — Russoella radoiciciae n. gen. n. sp.. Rispettivamente isotipo ed olotipo. Esemplari in sezione equatoriale contenenti 3 (fìg. 1) e 4 (fig. 2) cisti.
Fig. 3. — Russoella cf. radoiciciae. Esemplare in sezione equatoriale contenente 5 cisti.
Figg. 4-6. — Russoella radoiciciae n. gen. n. sp.. Isotipi. Esemplari in sezione equa¬ toriale contenenti rispettivamente 5, 6 e 7 cisti. L’esemplare di fìg. 6 presenta un contorno lievemente ellittico anziché circolare.
Fig. 7. — Russoella cf. radoiciciae. Esemplare in sezione equatoriale-obliqua conte¬ nente 4 cisti.
Fig. 8. — Russoella radoiciciae n. gen. n. sp. Isotipo. Esemplare in sezione obliqua. Sono visibili, nella parte superiore, due cisti’ mentre inferiormente si intrave¬ dono due cisti tagliate tangenzialmente.
Figg. 9-11. — Russoella cf. radoiciciae. Esemplari in sezione obliqua, la fìg. 9, in basso, e la fig. 10 in alto, mostrano una cisti tagliata tangenzialmente. La fìg. 11 è riferibile ad una sezione obliqua del tipo Oi di fìg. 11 (vedi testo).
Fig. 12. — Russoella radoiciciae n. gen. n. sp.. Isotipi. A sinistra è illustrato un esemplare in sezione assiale, a destra un esemplare in sezione tangenziale (tipo Tj di fìg. 11 del testo).
Figg. 13-14. — Russoella radoiciciae n. gen. n. sp.. Esemplari probabilmente in sezione assiale.
Fig. 15. — Russoella cf. radoiciciae. Sezione tangenziale del tipo T2 di fig. 11 del testo.
Fig. |
1 preparato |
A.2168.4 |
Fig. |
9. |
preparato |
7.6 |
||
Fig. |
2 |
» |
A.2168.4 |
Fig. |
10 |
» |
7.5 |
|
Fig. |
3 |
» |
7.9 |
Fig. |
11 |
» |
7.9 |
|
Fig. |
4 |
» |
A.2168.6 |
Fig. |
12 |
» |
A. |
.2168.4 |
Fig. |
5 |
» |
A.2168.6 |
Fig. |
13 |
» |
A. |
.2168.6 |
Fig. |
6 |
» |
A.2168.4 |
Fig. |
14 |
» |
A. |
.2168.6 |
Fig. |
7 |
» |
7.9 |
Fig. |
15 |
» |
7.6 |
|
Fig. |
8 |
» |
A.2168.6 |
|||||
FIGG. 1. |
, 2, |
4-6, 8, |
12-14 |
Età. Albiano superiore (Vraconiano).
Località. Versante occidentale di Monte Calvi (tav. 172 II SE - Caserta ). Ingrandimento. Circa 150 x.
Per le figg. 3, 7, 9-11, 15 Età . Albiano.
Località. Pendici SW di Monte Chiaine (tav. 185 I SE - Serino ). Ingrandimento. Circa 150 x.
Boll. Soc. Natur. Napoli, 1983 Barattolo F., Su alcuni organi riproduttori
di Dasicladacee, ecc. Tav. I
TAVOLA II
Microfacies a Russoella radoiciciae n. gen. n. sp.
In associazione Cuneolina pavonia parva Henson.
Preparato. A.2 168.3.
Età. Albiano superiore (Vraconiano).
Località. Versante occidentale di Monte Calvi (tav. 172 II SE - Caserta ).
Ingrandimento. Circa 44 x.
Boll Soc. Natur. Napoli, 1983
Barattolo F., Su alcuni organi riproduttori di Dasicladacee , ecc. Tav. Il
TAVOLA III
Microfacies a Russoella radoiciciae n. gen. n. sp.
Preparato. A.2 168.4.
Età. Albiano superiore (Vraconiano).
Località. Versante occidentale di Monte Calvi (tav. 172 II SE - Caserta ). Ingrandimento. Circa 44 x.
Boll. Soc. Natur. Napoli, 1983 Barattolo F., Su alcuni organi riproduttori
di Dasicladacee, ecc. Tav. Ili
Boll. Soc. Natur. Napoli
voi. 92, 1983, pp. 51-57, tabh. 2
Interazione tra furocumarine e albumine del plasma (*)
Nota del socio Guido Barone (**) e di Rita Bevilacqua (***), Giuseppina Castronuovo (**), Vittorio Elia(**), Paola Laurienzo(**), Oddone Schiavon (***) e Francesco Maria Veronese (***)
Riassunto. - L’interazione fra la sieroalbumina bovina (BSA) e due furocuma¬ rine, lo psoralene e l’8-metossipsoralene, è stata studiata per via calorimetrica a 25° C. Per calcolare i calori di binding è necessario conoscere i calori di diluizione dei singoli componenti. Nel caso in esame, solo quello relativo alla BSA è stato determinato, mentre per le furocumarine è risultato trascurabile alle concentrazioni usate. La calorimetria permette di conoscere il numero dei siti, n, conducendo due serie di misure, una mantenendo costante la concentrazione di proteina e l’altra a concentrazione costante di legando. Conosciuto n, i calori di binding sono interpolati attraverso un metodo di minimi quadrati iterativo, ottenendo i valori di A H° e di K, la costante di associazione, e quindi i valori di A G0 e A 5° . Il valore fraziona¬ rio di n lascia supporre che nel processo di binding siano coinvolti più siti, che reagi¬ scono con affinità differenti. Viene discussa l’ipotesi che la molecola di psoralene si adatti meglio di quella dell’8-metossipsoralene ai siti di legame della macromole¬ cola. Dal segno e dai valori di A S° relativi ai due sistemi si può dedurre che il bin¬ ding è abbastanza specifico e regolato dall’interazione tra siti polari.
Summary. — The interaction between serum albumin (BSA) and two furocuma- rins, psoralen and 8-methoxypsoralen, was studied calorymetrically at 25° C. To eva- luate thè heat of binding it is necessary to know thè heats of diluition of thè compo- nents. In thè present case, only that of BSA was determined, while for thè two furo- cumarins it was negligible. Calorimetry permits to know thè number of binding sites, n, through two series of experiments, one keeping constants thè concentration of protein and thè other at constat concentration of ligand. Enee, known n, thè heats of binding are interpolated through an iterative least square treatment, thus obtaining thè values of A H° and K, thè association Constant. Hence, it is possible
(*) Lavoro eseguito nell’ambito del Progetto Finalizzato per la «Chimica fine e secondaria» del C.N.R.
(**) Dipartimento di Chimica dell’Università di Napoli.
(***) Istituto di Chimica Farmaceutica dell’Università di Padova e Centro per la Chimica del Farmaco e dei prodotti biologicamente attivi del C.N.R. - Padova.
52 G. Barone, e coll.
to evaluate also AG0 and A S° relative to thè binding process. The fractional vaine for n makes to suppose more than one site is involved, each reacting with different affìnity. The hypothesis is discussed that thè molecule of psoralen fìts better thè binding of BSA as respect to 8-methoxypsoralen. From thè sign and thè values of A S° relative to thè two systems it is possible to infer that thè binding is rather spe- cific and ruled by interaction between thè polar sites.
Le furocumarine naturali e sintetiche sono note per essere attive nel trattamento chemiofototerapico di malattie della pelle, come la psoriasi (Musajo & Rodighiero 1962; Jung 1976).
Il meccanismo di base della loro azione farmacologica è legato ai danni che queste sostanze procurano al DNA delle cellule superficiali, a seguito della formazione di legami covalenti per fotoattivazione (Musajo & Rodighiero 1972). Lo studio delle interazioni non covalenti sia con il DNA (molecola bersaglio) che con la sieroalbumina (una delle principali molecole trasportatici) è connesso invece con la comprensione dei mecca¬ nismi che precedono la fotoattivazione e che regolano la distribuzione dei livelli di concentrazione dei farmaci nelle diverse parti dell’organismo. Da questo punto di vista è connesso anche con gli studi riguardanti la tossicità e gli effetti collaterali di queste sostanze. Per otterene informazioni sulla natura delle forze responsabili del legame non covalente delle furocuma¬ rine sui siti della sieroalbumina bovina (BSA), abbiamo studiato il processo di interazione farmaco-proteina con diverse tecniche: spettrofotometria, equilibrio di dialisi, permeazione su gel e microcalorimetria. La prima for¬ nisce analiticamente la costante di equilibrio K in base alle variazioni spet¬ trali che subisce il legando nella complessazione. La seconda e la terza valutano la ripartizione fra macromolecola e fase libera, fornendo di nuovo la costante che caratterizza l’equilibrio
M+L=ML (1)
La microcalorimetria infine consente di ottenere la misura anche di altri parametri termodinamici quali l’entalpia A H° e l’entropia A S° stan¬ dard oltre alla costante di equilibrio. In tutti i casi la costante di equilibrio si può trasformare, trascurando i coefficienti di attività libera standard AG0 cioè nell’affinità del processo di complessazione. La conoscenza dei contributi entalpici ed entropici all’energia libera standard è importante, in quanto permette di formulare ipotesi sulla natura delle forze in gioco nella formazione del legame non covalente (idrofobiche, dipolari, h- bond, elet-
Interazione tra furocumarine e albumine del plasma 53
trostatiche etc.). D’altra parte si potrebbe ottenere l’entalpia da misure di K in funzione della temperatura e tramite la relazione di Van’t Hoff. Questo procedimento può portare però ad errori anche del 30-40% sul A H° e per¬ sino a sbagliare il segno del A S° (ottenuto per differenza). Con l’introdu¬ zione di apparecchiature calorimetriche miniaturizzate oggi è invece possi¬ bile la misura diretta dell’entalpia, anche per sistemi biochimici per i quali la disponibilità di sufficienti quantità di materiali puri è uno dei principali fattori limitanti. Il processo di legame non covalente tra la macromolecola, M, dotata di n siti di adsorbimento, ed il legando, L, può essere schematiz¬ zato da una serie di equilibri di tipo chimico:
M + L = MLX\ MLì+L = ML2; ... MLt+ L = MLi+l (2)
Se la macromolecola ha un peso molecolare elevato rispetto al legando e se il numero di siti n è piccolo, si può assumere, in prima approssima¬ zione almeno, che non vi sia interferenza fra i singoli processi di binding che si possono quindi trattare come n equilibri di tipo (1).
Materiali e metodi
Le furocumarine studiate sono state due delle meno insolubili fra queste sostanze, cioè lo psoralene e l’8-metossipsoralene (xantotossina) ottenute e purificate secondo quanto descritto in precedenza (Veronese et al., 1979). Per le misure di equilibrio di dialisi di permeazione su gel sono state impiegate sostanze marcate con trizio (Veronese et al, 1978). Si è usata una frazione di sieroalbumina bovina (BSA) della SIGMA, libera da acidi grassi. Sia la soluzione di proteina che quelle delle furocumarine sono state preparate usando come solvente tampone fosfato a pH 7.4, conte¬ nente lo 0.9% di NaCl. La concentrazione delle furocumarine, sia nelle misure di equilibrio di dialisi che in quelle di permeazine su gel, erano effettuate dalla conta radioattiva del decadimento radioattivo dell’isotopo marcante. Queste misure erano effettuate a 37° C. Le misure calorime¬ triche sono state eseguite con un calorimetro in flusso che consente il mescolamento in continuo, in condizioni stazionarie, delle due soluzioni tamponate contenenti la proteina e il farmaco.
54 G. Barone, e coll
Trattamento dei dati sperimentali
Definito r il rapporto di binding ed n il numero di siti, i dati di equili¬ brio vengono riportati abitualmente nella «popolare» forma suggerita da Scatchard (1949):
IL]
= K{n-r)
(3)
dove [L] è la concentrazione del legando libero. Nell’ipotesi che i siti siano indipendenti e riportando r/[L] in funzione di r, si ottiene una retta. La migliore inclinazione di questa retta si può ottenere con un metodo di mi¬ nimi quadrati che fornisce anche le intercette con gli assi delle ordinate e delle ascisse. Queste intercette corrispondono rispettivamente ai valori din. K e n.
Meno noto è il trattamento dei dati calorimetrici, che qui riportiamo in breve, sviluppato nel processo di mescolamento, corrisponde alla dimi¬ nuzione di entalpia del sistema contenuto nella cella calorimetrica. Data la scarsa solubilità delle furocumarine si è operato a diluizioni tali da dover tener conto solo della correzione per la diluizione del BSA nel mescola¬ mento.
L’entalpia di associazione A H3™ è proporzionale alla quantità di com¬ plesso formatosi e quindi si ha:
[ML]
A H™s = — A H° (4)
[M0\
dove A H 0 è l’entalpia molare standard di interazione per ciascun sito indi- pendente e [M L] e [M0\ sono le concentrazioni del complesso formatosi e della macromolecola inizialmente presente, rispettivamente. All’aumentare della concentrazione del legando [L0] si andrà alla saturazione per cui A //ass A iTrnax. Esprimendo A H1™* in funzione della concentrazione del legando [L], dell’entalpia alla saturazione e della costante K relativa all’equilibrio (1), si ottiene:
K . [L] . A H™*
A //ass = _______
1 + K.[L]
(5)
Interazione tra furocumarine e albumine del plasma 55
oppure, in forma più maneggevole:
1/A Hass = 1/A //max + 1/A Hmax • K • [L] (6)
La concentrazione del legando libero è ottenuta da:
IL] - [Lo] - (A Hass/A Hmax) [M0] (7)
A Hmax può essere stimato graficamente o analiticamente dall’andamento di A Hass rispetto a [L0]. Conoscendo n dati di [L0], [M0] e A Hmax stimato si possono quindi ricavare i valori di [L] per ciascun A Hass . Con un metodo di minimi quadrati iterativo si può quindi ricavare un A Hmax più accurato e la costante K e quindi ilA^°eilAG° dell’associazione. In linea di principio non è necessario conoscere n da altri tipi di misura. La calorimetria consente infatti, di determinare indipendentemente anche n. Analogamente alla (5), (6) e (7) si possono infatti scrivere delle espres¬ sioni in cui l’effetto termico è riferito al legando anzicché alla macromo¬ lecola e in cui compare esplicitamente n. In questo caso, facendo variare la concentrazione della macromolecola si arriverà ad una variazione di entalpia massima A Z/1™* che sarà n volte più piccolo del precedente A ff™*:
A H™* - n • A Hm
(8)
Ripetendo i processi iterativi con i minimi quadrati si può arrivare a convergenza ottenendo assieme i valori di n, K e AH0.
Risultati e discussione
In tabella vengono riportati i data paragonati di n, K e A (7 0 ottenuti dalle varie tecniche sperimentali e i valori di A//°e TA5° ottenuti dalla calorimetria.
56 G. Barone, e coll.
Interazione tra BSA e psoralene.
Calorimetria 25° C |
Spettrofot. 37° C |
Eq. Dialisi 37° C |
Perm. gel 37° C |
|
n |
1.8 |
1.2 |
1.8 |
1.8 |
Kx IO-4/ / mol-1 |
4.5 |
4.0 |
1.9 |
3.0 |
A H0/ kJ (mol L)-1 |
-26 |
- |
- |
- |
A G0/ kJ (mol L)-1 |
-26 |
- |
- |
- |
T A S0/ kJ (mol L)-1 |
~ 0 |
- |
- |
- |
Interazione |
tra BSA e xantotossina (8-metossipsoralene). |
|||
Calorimetria |
Spettrofot. |
Eq. Dialisi |
Perm. gel |
|
25° C |
37° C |
37° C |
37° C |
|
n |
1.2 |
- |
1.5 |
1.2 |
Kx IO-4// mol-1 |
3.4 |
- |
2.0 |
3.2 |
A H0/ kJ (mol L)-1 |
-42 |
- |
- |
- |
A G0/ kJ (mol L)-1 |
-25 |
- |
- |
- |
T A S0/ kJ (mol L)-1 |
-17 |
- |
- |
- |
Conviene discutere prima i dati per la xantotossina, che ha una mole¬ cola più ingombrante. Ciò può meglio aiutare a formulare un’ipotesi inter¬ pretativa. Come si vede dalla tabella, il valore della costante di formazione del complesso M L ha un valore di 2 -f- 4 x IO4 //moli, mentre più incerto è il valore di n (anche se una piccola variazione sarà connessa alla diffe¬ rente temperatura a cui sono stati eseguiti i vari tipi di misure). Questo può far supporre che si abbia a che fare con un primo sito a maggiore affi¬ nità (—A G°, K) q uno o più siti con affinità leggermente inferiore (tanto da non riscontrare apprezzabile piegatura nel diagramma tipo Scatchard) e con un valore dell’entalpia anch’esso inferiore. Ciò è confermato dal fatto che per lo psoralene (più piccolo) si trovano valori della costante media-
Interazione tra furocumarine e albumine del plasma 57
mente un poco superiori, contro un valore dell’entalpia abbastanza più pic¬ colo. Ciò potrebbe far pensare ad una migliore adattabilità dello psoralene agli altri siti rispetto alla xantotossina. I trattamenti matematici usuali rap¬ presentano una supersemplificazione (come dismostrato dal valore frazio¬ nario di n) che tende a dare valori intermedi. Un’altra ipotesi (in alterna¬ tiva o anche sovrapponentesi a quella esposta) è che gli adsorbimenti sui vari siti interferiscono debolmente fra loro. Ma ciò è al di là delle attuali possibilità di analisi. La scarsa o nulla entropia standard del processo fa ritenere, in entrambi i casi, che il binding sia abbastanza specifico e rego¬ lato dall’interazione tra siti polari (carichi o meno), non esclusa la forma¬ zione di ponti idrogeno.
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Presentata nella tornata del 29-4-1983. Accettata il 2-12-1983.
Boll. Soc. Natur. Napoli
voi. 92, 1983, pp. 59-66, figg. 2, tabb. 2
Interazione tra cefalosporine e albumine del plasma (*)
Nota del socio Guido Barone (**) e di Carlo Benassi (***), Rita Bevilacqua (***), Giuseppina Castronuovo (**), Pompea Del Vecchio (**), Vittorio Elia (**) e Oddone Schiavon (***)
Riassunto. - L’interazione tra l’albumina del siero umano (HSA) ed alcuni anti¬ biotici della classe delle cefalosposrine è stata studiata mediante calorimetria a 25° C. I calori di binding sono stati calcolati dai calori determinati sperimentalmente e dai calori di diluizione dei componenti. Questi ultimi sono stati misurati sia per l’HSA che per le quattro cefalosporine usate: cefaloridina, cefalessina, cefalotina e cefurossima. I calori di diluizione sono stati espressi in serie di potenze della mola- lità, ottenendo in tal modo i coefficienti di interazione. Per due degli antibiotici usati, e cioè la cefalotina e la cefalessina, e per l’HSA è possibile interpretare i risul¬ tati in termini di un modello di associazione. Le costanti relative a tali associazioni risultano, comunque, molto basse. Nel lavoro si riportano i risultati relativi al bin¬ ding tra cefurossima ed HSA. I valori di A H 0 e della costante di binding K, sono ottenuti attraverso un metodo di minimi quadrati iterativo: imposto un valore per n, il numero dei siti, dai valori di A H° e K è possibile conoscere anche i valori delle altre grandezze termodinamiche A G°e A S°. Il piccolo valore di K ed il segno negativo per A H° q A S° possono essere spiegati in termini di un meccanismo debolmente specifico, in cui sono prevalenti le interazioni polari, che probabilmente coinvolgono l’anello p-lattamico.
Summary. — The interaction between Human serum albumin (HSA) and some antibiotics, of thè cephalosporin class, was studied calorimetrically at 25° C. The heats of binding are evaluated from thè experimental heats, if thè heats of diluition of thè components are known. The last one were measured either for HSA, either for thè four cephalosporins employed, namely: cephalexin, cephalothin, cephalori- dine and cefuroxime. The heats of diluition were expressed as power series of thè molalities and thè interaction coefficients determined. For two of thè antibiotics,
(*) Lavoro eseguito nell’ambito del Progetto Finalizzato per la « Chimica fine e secondaria» del C.N.R.
(**) Dipartimento di Chimica dell’Università di Napoli.
(***) Istituto di Chimica Farmaceutica dell’Università di Padova e Centro per la Chimica del Farmaco e dei prodotti biologicamente attivi del CNR - Padova.
60 G. Barone, e coll.
cephalothin and cephalexin, and for HSA it is possible also to give an interpretation of thè data in terms of an association model. However, thè association constants are very small. The results are reported relative to thè binding between cefuroxime and HSA. Through an iterative least square method thè AH0 and thè binding Constant are determined, given a vaine for «, thè number of binding sites. Obtained thè values of A H 0 and K, it is possible to know also thè other thermodynamics quanti- ties AG0 and A S°. The small value for K and thè negative sign for both AH0 and A S° can be hypothesized to be an indication of a weakly specific mechanism with prevailing polar interactions, probably involving thè (5-lactam ring.
Le proteine del siero dei mammiferi sono caratterizzate dal fatto che possono legare in modo non covalente un gran numero di molecole orga¬ niche di natura e caratteristiche differenti. Esse possono trasportare diverse sostanze necessarie al metabolismo o che possono interferire con esso; tra queste, sostanze ad attività farmacologiche. Le più abbondanti di queste proteine sono le sieroalbumine.
La loro struttura è abbastanza flessibile così da adattare la conforma¬ zione al tipo di legante, almeno in vicinanza del sito di legame. Questa comunicazione riguarda uno studio in corso sulPinterazione tra sieroalbu¬ mine, in particolare umana (HSA), e antibiotici, in particolare della classe delle cefalosporine. Esso riguarda sia gli aspetti di farmacocinetica (distri¬ buzione di questri farmaci nell’organismo), sia di farmacodinamica. Il legame all’albumina, infatti, da un lato può influire sulla velocità di trasfe¬ rimento dal sangue ad altri compartimenti, dall’altro influenza l’attività dei farmaci in quanto tali perché è noto che antibiotici legati alle proteine sono prive di attività antibatterica.
Valori della costante di associazione e del numero di siti per alcuni di tali sistemi erano stati precedentemente ottenuti (Veronese et al, 1977) da misure indirette, basate sulla variazione dell’intensità di fluorescenza di «sonde» fluorescenti legate alla sieroalbumina e spostate dall’addizione di un eccesso di legante. Le conclusioni più importanti di questo lavoro erano che i siti di legame fossero praticamente due e indipendenti (nel caso dell’HSA) e che le costanti di associazione avessero valori modesti (< IO3 M~l). Questo tipo di misure non consentiva però una completa caratterizzazione termodinamica. Pertanto, nel presente lavoro, noi abbiamo utilizzato la tecnica calorimetrica, la quale dà informazioni dirette circa i valori delle grandezze termodinamiche (entalpia, energia libera, ed entropia standard) oltre che della costante di equilibrio, relativa alla asso¬ ciazione proteina-legando.
Interazione tra cefalosporine e albumine del plasma 61
Materiali e metodi
Gli antibiotici studiati erano tutti prodotti dalla GLAXO ad alta purezza, impiegati come tali. La sieroalbumina umana era un prodotto SIGMA, frazione V, anch’essa impiegata come tale. Le formule degli anti¬ biotici sono riportati qui di seguito.
Fio. 1. - A) Cefalessina, B) Cefalotina, C) Cefaloridina, D) Cefurossima.
Tutte le soluzioni di proteina e di antibiotico sono state preparate usando come solvente tampone fosfato a pH 7.4, contenente lo 0.9% dì NaCL Le concentrazioni erano determinate spettrofotometricamente. Le misure calorimetriche sono state eseguite con due microcalorimetri, uno a flusso ed uno a caricamento discontinuo, modelli 10700/1 e 2107/112 della LKB. I calori erano ottenuti nel primo caso direttamente dalla deviazione strumentale, proporzionale al flusso di calore d Q/d t e normalizzata per
62 G. Barone, e coll.
mezzo di una opportuna calibrazione elettrica, in analoghe condizioni di sensibilità; nel secondo caso per integrazione dell’area sottesa al termo- gramma e sempre previa normalizzazione con calibrazione elettrica.
Calori di diluizione ed entalpie eccesso
Il calore sperimentale Q sp determinato al calorimetro è dovuto alla somma dei calori di associazione del complesso macromolecola-legando e dei calori di diluizione dei due componenti (M ed L):
Qsp = Q ass + od;‘ + Qf (1)
I calori di diluizione debbono quindi, in linea di principio, essere determinati separatamente e sottratti al calore sperimentale. Nel presente studio ciò era indispensabile. Infatti era da attendersi, in base al valore pre¬ vedibilmente basso della costante di associazione, di dover operare a con¬ centrazioni relativamente elevate per poter ottenere apprezzabili quantità di complesso.
Di conseguenza uno degli scopi del lavoro è diventato quello di otte¬ nere accurati calori di diluizione, in funzione della concentrazione, sia per le cefalosporine che per la sieroalbumina. Ciò tra l’altro consente una prima caratterizzazione termodinamica delle soluzioni di queste molecole che può risultare interessante di per sé. Operando con il calorimetro in flusso, i calori di diluizione si ottengono dalla relazione:
A Hdiì (ai, ->*!,) = - (d Q/dt)sp/Pw (2)
dove d Ql d t è il calore svolto nell’unità di tempo e Pw è la portata dell’ac¬ qua. Operando invece con il calorimetro discontinuo, il calore di diluizione è dato da:
A Hdil (mi -> mf) = — Q/W (2')
dove W è la quantità di acqua nella soluzione finale. Così definiti, i calori di diluizione vengono riferiti ad 1 kg di acqua.
Interazione tra cefalosporine e albumine del plasma 63
I calori di diluizione possono essere espressi in funzione delle molalità iniziali e finali (Friedman e Krishnan 1973, Barone et al, 1978) con la seguente espressione:
A Hdl> (m, -> mf) = h^m^nif- m ,) + hmmf(m}- m2,) + ... (3)
I coefficienti h^, etc. sono gli stessi dell’espansione viriale dell’en¬ talpia delle soluzioni reali (che è totalmente in «eccesso» rispetto a quella delle soluzioni ideali, il cui mescolamento è atermico).
HE = hxxm2+ hxxxm3+ ... (4)
I coefficienti h sono stati ottenuti con un metodo dei minimi quadrati, scegliendo il polinomio di grado più alto, i cui coefficienti fossero ognuno superiore al rispettivo indice di confidenza al 95%. In Tabella 1 sono ripor¬ tati i coefficienti relativi alle quattro cefalosporine studiate e all’HSA.
Sostanza
TABELLA 1.
hXx U m°l 1 (mol kg 1 ) 1 ]
hxxx [J mol" 1 (mol kg" 1 )“ 2 ]
Cefalessina |
6.23 |
X |
IO5 |
± |
0.3 |
X |
IO5 |
-1.07 |
X |
IO7 |
± |
0.18 |
X o |
Cefalotina |
1.4 |
X |
IO3 |
+ |
0.2 |
X |
IO3 |
-3.5 |
X |
IO3 |
+ |
1.4 |
x IO3 |
Cefaloridina |
-1.2 |
X |
IO4 |
+ |
0.01 |
X |
IO4 |
- |
|||||
Cefurossima |
-4.2 |
X |
IO3 |
± |
0.2 |
X |
IO3 |
- |
|||||
HSA |
-6.21 |
X |
IO7 |
+ |
0.4 |
X |
IO7 |
1.91 |
X |
IO10 |
± |
0.44 |
x IO10 |
Il diverso comportamento in acqua delle cefalosporine studiate è da attribuire al fatto che, malgrado il nucleo comune, le catene laterali impar¬ tiscono proprietà radicalmente diverse alle loro soluzioni acquose. Infatti per due di esse la diluzione è un processo endotermico e per le altre due esotermico.
Questo differente comportamento sembra dipendere dall’idrofobicità o dalla idrofilicità delle catene laterali. Per le due più idrofobiche i dati sono
64 G. Barone, e coll.
compatibili con un modello di dimerizzazione o di associazione a stadi delle cefalosporine. Lo stesso dicasi per PHSA. Secondo Gill e Farquhar (1968) l’entalpia eccesso si può trasformare in questi casi in una relazione del tipo:
HE= KAAH°Am2-2K2AAH°Am}+ ... (5)
Di conseguenza il valore della costante di autoassociazione per l’HSA sarebbe di KA= 154 M~l e la corrispondente entalpia A H°A = —4 x IO5 Joule/mole.
Entrambi questi valori sono modesti, tanto più che si tratta di una macromolecola. Per la cefalessina e la cefalotina si otterrebbero valori per KA < 10 e quindi poco rilevanti.
Associazione tra cefurossima e sieroalbumina umana
Riportiamo ora i primi risultati relativi all’interazione fra HSA e la cefurossima che non era stata in precedenza studiata perché non disponi¬ bile. Per trattare il calore di associazione del legando con la macromolecola è necessario sottrarre al calore sperimentale i calori di diluizione secondo la (1).
Il calore così ottenuto Q^s è proporzionale alla quantità di complesso formatosi:
Q3SS
WL]
[M0\
A H°a
(6)
dove [M0\ è la concentrazione totale della macromolecola. Trattandosi di un equilibrio chimico si andrà verso una saturazione, per cui Q^s raggiun¬ gerà un valore massimo . Esprimendo in funzione della costante di associazione K e della concentrazione del legando libero [L] e del calore di saturazione Qmax , si ottiene:
K[L]Q
max
Q
l + K[L]
(1)
Interazione tra cefalosporine e albumine del plasma 65
La (7) si può scrivere in una forma più comoda da diagrammare e da interpolare:
1/Q“= l/<2ma* + MQm„K[L\ (8)
La concentrazione di legando è ottenuta dalla relazione:
[Lì = [L0]-n(Q^/Qm&x)[M0] (9)
dove n è il numero dei siti indipendenti di legame. Dall’incremento di Q in funzione della concentrazione del legando [L0] è possibile una prima stima grafica del valore di Qmax . Fissato n, dai dati sperimentali di [L0], [M0\ e Q ass si ricava [L ] . Attraverso il metodo dei minimi quadratri iterativi si ricavano (2ass e K , avendo imposto n . In questo caso è indispensabile avere una idea del valore di n perché il basso valore di K non consente di determinarlo con la calorimetria. Si è posto n = 2 sulla base dei dati di fluorescenza.
Nelle fìgg. 1 e 2 sono riportati i calori sperimentali di binding in fun¬ zione del rapporto [L0\/[M0\ e gli inversi di 1/Qass in funzione di [L]
Fio. 2. — Calori sperimentali di interazione fra cefurossima e Siero Albumina Umana a 25° C.
66 G. Barone, e coll.
rispettivamente. Il calore massimo si raggiunge per elevati rapporti di con¬ centrazione. Il valore di Qmax ricavato dal grafico viene elaborato per otte¬ nere il valore estrapolato a [L0]/[M0] -+ co . In questa situazione i siti di binding sarebbero completamente saturati ed il valore di Qmax calcolato rappresenta il A H° apparente per la reazione di binding. Nella Tabella 2 vengono riportati i valori calcolati di A H°, K , A G° e T A S° :
TABELLA 2.
Sistema |
A H° [/c/mol” 1 ] |
A G 0 [/t/mol-1 ] |
T A S°[kJ mol"1] |
immoli//)-1] |
HSA + Cefurossima |
-42 |
-12 |
-30 |
121 |
I dati termodinamici offrono la possibilità di analizzare la natura dei complessi macromolecola-legando, cioè il tipo e la forza dei fattori che determinano la specificità delle interazioni tra il legante ed il sito di legame: legame idrogeno, interazioni idrofobiche, elettrostatiche, forze di van der Waals.
II dato termodinamico che si ottiene, però, è complessivo. Certamente i segni entrambi negativi di A H° e A 8° per il sistema studiato indicano che il binding avviene attraverso un meccanismo debolmente specifico in cui prevalgono le interazioni polari e che coinvolge la parte comune, con l’anello p-lattamico.
BIBLIOGRAFIA
Barone G., Castronuovo G., Crescenzi V., Elia V. & Rizzo E. (1978) - The Hydrophobic Effect in Aqueous Solution of Non-electrolytes. I. Self-interactions of Alkylureas. J. Solution Chem ., 7, 179-192.
Friedman H. L. & Krishnan C. V. (1973) - Studies of Hydrophobic Bonding in Aqueous Alcohols: Enthalpy Measurements and Model Calculation. J. Solution Chem., 2, 119-140.
Gill S. J. & Farquhar E. L. (1968) - Equilibria of Weak Complexes by Solution Calorìmetry. J. Am. Chem. Soc., 90, 3039-3041.
Veronese F. M., Bevilacqua R., Boccù E. & Benassi C. A. (1977) - Drug-protein Interaction: thè Binding of Cephalosporins to Albumins. Il Farmaco Ed. Se., 32, 303-310.
Presentata nella tornata del 29-4-1983 Accettata il 2-12-1983.
Boll. Soc. Natur. Napoli
voi. 92, 1983, pp. 67-114, fìgg. 2, tabb. 3, tavv. 3
The benthic Foraminifers of thè Gulf of Policastro (Southern Tyrrhenian Sea, Italy) (*)
Nota del socio Franca Sgarrella (**) e di Diana Barra (**) e Anna Improta (**)
Summary. - The benthic foraminiferal assemblages of thè Gulf of Policastro have been studied and particular attention has been paid to Continental shelf sedi- ments sampled by a Shipek grab-sampler in thè vicinity of major river outfalls and two stations that were not subjected to fresh-water discarge. The samples were pre- served in 4% formol and Rose Bengal in order to compare thè biocoenoses and tha- natocoenoses. The assemblages showed areal and bathymetric differences that may be determined by different environmental factors such as grain size, fresh-water dis- charge and thè presence of algal populations. By taking into consideration thè previ- ous parameters, we have been able to defìne dominant assemblages for different habitats. Moreover, it was possible to determine that thè influence that fresh-water discharge had on species assemblages was confined to thè circalittoral area.
Riassunto. — Sono state analizzate le associazioni a Foraminiferi bentonici del Golfo di Policastro. I sedimenti esaminati provengono da 64 stazioni prelevate prin¬ cipalmente sulla piattaforma continentale mediante benna Shipek in corrispondenza delle foci dei fiumi Lambro, Mingardo, Castrocucco, Lao, Abatemarco e in 2 aree, prive di influenza delle acque dolci, ad oriente e ad occidente del fiume Bussento.
I campioni sono stati lavati con setacci da 150 mesh e fissati e colorati allo scopo di descrivere e confrontare le tanatocenosi e le biocenosi.
Le nostre considerazioni sono basate sui valori percentuali delle tanatocenosi.
Le associazioni e le singole specie presentano variazioni areali influenzate da vari fattori ambientali. In particolare, tenendo conto della natura del substrato, della presenza di popolamenti vegetali, dell’apporto di acque dolci dei fiumi, è stato possi¬ bile suddividere le specie più significative in 7 raggruppamenti principali.
Per alcune specie è stato anche possibile definire i limiti di distribuzione bati- metrica sulla piattaforma continentale (tab. 2).
Le biocenosi, generalmente povere sui fondi sabbiosi e sprovvisti di vegeta¬ zione, risultano nel complesso comparabili con le tanatocenosi.
(*) Research supported by MPI. 60%.
(**) Istituto di Paleontologia - Università di Napoli - Largo S. Marcellino 10 - 80138 Napoli.
68 F. Sgarrella, D. Barra e A. Improta
Sulla base dei succitati parametri sono state definite le associazioni dominanti che caratterizzano i seguenti habitat:
— zona infralittorale delle aree prive di sbocchi fluviali;
— zona infralittorale delle aree con sbocchi fluviali;
— zona circalittorale;
— zona batiale.
Dall’analisi della distribuzione areale delle microfaune è stato possibile, inoltre, trarre le seguenti conclusioni:
1) le associazioni delle aree influenzate dalle acque dei fiumi sono differenti o oligotipiche rispetto alle aree lontane dalle stesse. Si può circoscrivere, pertanto, a questo solo ambiente l’influenza delle acque dolci.
2) la povertà delle forme arenacee e la presenza di individui usurati in corri¬ spondenza del fiume Bussento testimoniano un idrodinamismo maggiore di quello degli altri fiumi.
Introdu ction
The sediments were collected during thè course of a emise (September 20-27, 1981) in thè Gulf of Policastro (Italy) within thè framework of thè research program «Biological control of shelf waters» of thè Zoological Station of Naples.
The study area bridges thè 40° 20' 00" N and 39° 43' 00" S latitudes. The northern part of thè Continental shelf is rather broad (up to 10 km), whereas thè eastern and south-eastern parts are narrower in some places (only 2 km) and have slopes with up to 10% inclination.
The rivers Lambro, Mingardo and Bussento flow into thè northern part of thè Gulf of Policastro, thè river Castrocucco in thè eastern part and thè rivers Lao and Abatemarco in thè south-eastern part. The rivers Mingardo and Bussento are more important in terms of water input, whereas thè oth- ers are only torrent-like rivers.
Sixty-four sediment samples were collected, mostly on thè Continental shelf in front of river outfalls and in 2 areas east and west of thè river Bus¬ sento where thè influence deriving from fresh-water discharge was absent (Fig. 1; Tab. 1).
The present research is focused, in particular, on analyzing thè benthic Foraminifers of these areas.
The benthic Foraminifers of thè Gulf of Policastro, ecc. 69
Material and methods
The samples were collected by means of a Shipek grab-sampler with a collecting surface of 400 cm2. A subsample of 200 cm2 was taken from eaeh sample for thè study of Foraminifers. The subsample was washed with a 150 mesh sieve. The obtained residue was fixed in 4% formol and Rose Bengal to preserve and tinge thè living organisms. After 12 hours, thè fixed sample was washed in fresh-water (150 mesh sieve) and subsequently dried at room temperature.
Fig. 1. — Location of thè sample stations in thè Gulf of Policastro.
TABLE 1
Location and water-depth of thè samples.
SAMPLES |
WATER-DEPTH |
LATITUDE |
LONGITUDÈ |
GP' 81- 1 |
ii |
39e 45 ' 1 0 |
1 5° 47 1 70 |
GP '81- 2 |
20 |
39° 4 5 ' 20 |
15°47 '20 |
GP 1 8 1 - 3 |
50 |
39° 45 ' 1 0 |
1 5° 4 6 ' 80 |
GP ' 8 1 - 4 |
96 |
39°45 ' 10 |
1 5° 4 5 ’ 70 |
GP 1 8 1 - 5 |
1 73 |
39°45 '00 |
1 5° 44 ' 60 |
GP 1 8 1 - 6 |
35 |
39° 4 3 ' 50 |
1 5° 47 1 60 |
GP ' 8 1 - 7 |
20 |
39° 46 '40 |
1 5° 4 7 ' 20 |
GP' 81- 8 |
50 |
39° 4 6 ' 20 |
1 5° 46 ' 30 |
GP ' 81 - 9 |
105 |
39° 4 6 ' 1 0 |
1 5° 45 ' 40 |
GP' 81-10 |
159 |
39° 46 ' 00 |
15°44 '80 |
GP' 81-1 1 |
108 |
39° 4 7 ' 50 |
15°44 '90 |
GP' 81 -12 |
50 |
39°4 7 ' 80 |
1 5° 4 5 ' 80 |
GP' 81—1 3 |
21 |
39°47 '90 |
1 5° 4 6 ' 60 |
GP 1 81 -1 4 |
9 |
39° 55 '10 |
15°45 '20 |
GP' 81-15 |
20 |
39° 55 ' 00 |
15°44 '70 |
GP' 81-16 |
48 |
39°54 '80 |
1 5° 44 ' 30 |
GP' 81-17 |
101 |
39° 54 ' 80 |
1 5° 44 ' 1 0 |
GP' 81-18 |
200 |
39°54 '70 |
1 5° 4 3 ' 80 |
GP’ 81-19 |
49 |
39° 54 '10 |
1 5° 4 5 ' 1 0 |
GP' 81-20 |
99 |
39° 53 ' 70 |
1 5° 4 5 ' 00 |
GP* 81-21 |
340 |
39°53 '00 |
15°44 '80 |
GP' 81-22 |
21 |
39° 55 ' 90 |
15°44 '00 |
GP'81-23 |
45 |
39° 56 ' 00 |
1 5° 4 3 ’ 70 |
GP' 81-24 |
188 |
39° 56 ' 00 |
1 5° 4 3 ' 20 |
GP ' 81 -25 |
129 |
40° 1 0 ' 20 |
1 5° 33 ' 80 |
GP' 81-26 |
99 |
40° 1 0 ' 50 |
15° 33 '40 |
GP '81-27 |
76 |
40°20 '40 |
15° 32 '70 |
GP' 81-28 |
47 |
40° 20 ' 40 |
15° 32' 30 |
GP ' 81 -29 |
20 |
40°30 '20 |
1 5° 31 '90 |
GP ' 81 -30 |
10 |
40° 30 ' 70 |
1 5° 31 '60 |
GP' 81-31 |
6 |
40° 30 ' 80 |
15° 31 '30 |
GP'81-32 |
74 |
40° 30 ' 1 0 |
15° 34 '20 |
GP '81-33 |
52 |
40° 30 ' 30 |
1 5° 33 ' 1 0 |
GP' 81-34 |
21 |
40° 30 ' 60 |
15° 32 '60 |
GP' 81-35 |
10 |
40° 30 ' 80 |
15° 32 ' 10 |
GP' 81-36 |
10 |
40° 30 ' 40 |
15° 31 '10 |
GP '81-37 |
21 |
40° 30 ' 00 |
1 5° 31 '20 |
GP' 81-38 |
50 |
4U° 20 ' 60 |
15° 31 '10 |
GP ' 81 -39 |
99 |
40°10 '60 |
1 5° 31 '30 |
GP' 81-40 |
20 |
40°10 ' 10 |
1 5° 1 7 ' 70 |
GP' 81-41 |
53 |
40°00 ' 50 |
1 5° 1 7 ' 50 |
GP' 81-42 |
79 |
39°59 '50 |
1 5° 1 6 ' 80 |
GP' 81-43 |
101 |
39° 58 ' 60 |
1 5° 1 6 ' 70 |
GP' 81-44 |
11 |
40° 1 0 ' 40 |
1 5° 1 8 ' 60 |
GP'81-45 |
19 |
40°00 '90 |
1 5° 1 8 ' 50 |
GP' 81-46 |
51 |
40°00 '20 |
1 5° 1 8 ' 40 |
GP'81-47 |
84 |
39° 58 ' 90 |
1 5° 1 8 ' 1 0 |
GP' 81-48 |
100 |
39° 57 ' 60 |
15° 17 '70 |
GP' 81-49 |
55 |
39° 58 ' 30 |
15° 19 '40 |
GP ' 81 -50 |
47 |
39° 59 '60 |
15° 19 ' 30 |
GP ' 81 -51 |
19 |
40°00 '60 |
1 5° 1 9 ' 20 |
GP' 81-53 |
22 |
40° 1 0 ' 30 |
1 5° 27 ' 50 |
GP ' 81 -54 |
64 |
40°10 '00 |
1 5° 2 7 ' 70 |
GP' 81-55 |
101 |
40° 00 ' 40 |
1 5° 28 ' 30 |
GP' 81-56 |
147 |
40° 00 ' 30 |
1 5° 2 8 ' 50 |
GP ' 81 -57 |
207 |
40° 00 ’ 20 |
1 5° 28 ' 70 |
GP1 81-58 |
22 |
40° 1 0 ' 70 |
1 5° 40 ' 40 |
GP' 81-59 |
49 |
40° 10 '55 |
1 5° 40 ' 1 0 |
GP' 81-60 |
72 |
40° 10' 10 |
15°39 '50 |
GP’ 81-61 |
98 |
40°00’ 50 |
1 5° 38 ' 70 |
GP ' 81 -62 |
212 |
39° 59 ’ 56 |
15°37' 60 |
GP' 81-63 |
630 |
3 9 ° 5 8 1 9 0 |
15° 36 '10 |
GP' 81-64 |
50 |
39059. 30 |
1 5° 4 1 ' 80 |
GP' 81-65 |
97 |
39° 59 *10 |
1 5° 4 1 ' 30 |
The benthic Foramìnifers of thè Gulf of Polìcastro, ecc. 71
A fraction of thè samples (obtained by thè use of a microsplitter) was used to study thè thanatocoenoses whereas thè entire subsample was used for thè study of thè biocoenoses.
Analysis of benthic foramìnifers assemblages
The purpose of thè present research is thè study of thè distribution and abundance of species of both thè thanatocoenoses and biocoenoses as related to:
a) areal and bathymetric variations;
b) grain size of sediments.
The thanatocoenoses of all of thè samples collected were examined and thè biocoenoses of only 62 samples were described since 2 samples GP’ 81-4 and GP’ 81=5 were not tinged.
The biocoenoses refer only to thè month of September 1981 and con- sequently thè data are only partially comparable with thè percentage values given for thè thanatocoenoses. Our observations are consequently based only on thè latter ones.
Table 3 combines thè data of thè thanatocoenoses and of thè biocoe¬ noses for all of thè areas considered. The data of thè thanatocoenoses are expressed as percentage values of thè total benthic assemblage for each sample, whereas thè data of thè biocoenoses are marked as «v», which indicates thè presence of living specimens. Within thè area studied, thè thanatocoenoses are represented by 282 species; thè biocoenoses are repre- sented by 220 species. The table also shows thè grain size variation for each sample1, as follows:
S sand
PS pelitic sand
VSP very sandy pelile SP sandy pelile
P pelite
1 The analysis of thè sediments has been carried out by thè Geological Institute of thè University of Trieste (Italy) within thè same research program.
72 F. Sgarrella, D. Barra e A. Improta
Areal DISTRIBUTION
The areas influenced by fresh-water discharge and those characterized by a normal marine salinity are considered separately.
1) Areas wxthout river inflow
West of thè River Bussento. The sediments included sandy-pelites down to thè 20-30 m depth and pelites below this depth. The bottom was characterized mainly by Posidonia beds.
— Infralittoral zone. The assemblages mainly included typical epiphytic species (Blanc-Vernet 1969; Blanc-Vernet et al, 1979): Peneroplis spp., Tretomphalus concinnus, Vertebralina striata, Asterigerinata mamilla, Pla- norbulina mediterranensis, Spìroloculina spp., Discorbidae , Miliolidae.
— Circalittoral zone. The assemblages included Valvulineria bradyana, Reophax spp., Rosalina obtusa, Bulimina spp., Melonis barleanum and, in subordinate abundance by Cassidulina spp., Textularia spp., Bigenerina nodosaria, Ammodiscidae. At approximately thè 100 m depth, there was a reduction in thè quantity of Valvulineria bradyana and an increase in that of Cassidulina spp. and Hyalinea baltica.
— Upper bathyal zone. The assemblages were very similar to those of thè lower circalittoral zone. In particular we observed a drastic reduction in thè abundance of Textulariidae , a greater frequency in thè presence of Uvi - gerina mediterranea and, generally, of all those species characterizing deep- er waters.
East of thè Bussento River. The sediments included shell debris in thè upper infralittoral and sandy-pelite down to about thè 50 m depth. Deeper sediments included pelites.
— Infralittoral zone. The assemblages were characterized by epiphytic species that included Miniacina miniacea, Rosalina spp., Cibicides lobatu- lus, Planorbulina mediterranensis, Spiroloculina spp., Miliolidae. At about thè 50 m depth thè assemblage stili included epiphytic species but these occurred together with Valvulineria bradyana, Bulimina marginata and Melonis barleanum.
The benthic Foraminifers of thè Gulf of Policastro, ecc. 73
— Circalittoral zone. The most commonly occurring species were: Val- vulineria bradyana, Melonìs barleanum , Cassidulina spp., Bigenerina nodo - sana, Reophax spp., Bolivina spp., Bulimina spp.
— Upper bathyal zone. The assemblage was characterized by thè dominance of thè following species, typical of deep-water environments of Mediterranean sea (Parker, 1958; Todd, 1958): Uvigerina mediterranea, Gyroidina umbonata and, among thè arenaceous, Saccammina socialis and Glomospira charoides.
2) Areas with river inflow
In front of thè rivers Lambro and Mingardo. Sediments were sandy and sandy-pelitic from thè coast down to thè 30-40 m depth and became more and more pelitic with increasing depth.
— Infralittoral zone. The assemblages were characterized by thè dominance of Quinqueloculina aspera, Q. longirostra, Eggerella scabra, Ammonta beccarii. The samples collected in proximity of river outfalls were also dominated by Triloculina schreibersiana, Cribrononion asterizans, T. tri¬ gonella, T. bermudezi. W e pointed out thè presence of Baccella granulata and Reophax scorpiurus that occurred more commonly on sandy bottoms. At about thè 50 depth, thè assemblages included species characteristic of thè upper infralittoral, together with V. bradyana and Bulimina spp. as well as C. cuvilleri, Protelphìdium granosum, Nonionella turgida, Textularia spp.
— Circalittoral zone. The assemblages corresponded to those pre- viously described for thè same environment in areas that were not subject- ed to river inflow. An absolutely peculiar foraminiferal assemblage was found in sample GP’ 81-49 (55 m depth) collected on a «coralligenous» bottom. This sample was characterized by thè dominance of Neoconorbina terquemì as well as Textularia conica, Asterigerinata marnili a, Cibicides lobatulus, Discorbidae, Elphidium macellum, Planorbulina mediterranensis.
In front of thè river Bussento. This area was characterized by peli- tic-sandy sediments recorded just beyond thè mouth of thè river (6 m depth). These sediments became more and more pelitic with increasing depth. Along thè radiai in front of thè river mouth, thè sediments were already pelitic at about thè 10 m depth and Foraminifers showed worn-out
74 F. Sgarreìla, D. Barra e A. Improta
and pyritized shells. The bottoni was characterized by thè presence of Cau- lerpa and Cymodocea.
— Infralittoral zone. The foraminiferal assemblage mainly consisted of Eggerella scabra and Ammonia beccarli. The last species generally seems to prefer low salinity conditions (Pujos, 1976; Po AG, 1981). In addition to these species Q. longirostra, Massilina secans and Elphidium spp. were par- ticularly abundant especially on sandy and near-shore bottoms. By con- trast, C. cavili eri, Cribrononion sp., P. granosum, Nonion depressulum and B. elongata prevailed on pelitic bottoms. The radials taken into consideration on both sides of river outfalls showed essentially very similar characteris- tics but differed for thè following:
a) thè character of thè sediments which were more sandy near-
shore;
b) thè composition of thè foraminiferal assemblages which showed a greater abundance of Baccella granulata, Tretomphalus concinnus and Miliolidae.
— Circalittoral zone. W e recorded thè typical assemblages for this envi- ronment. Only one sample (GP’ 81-39) showed an oligotypic assemblage characterized by thè dominance of Cassidulina laevigata carinata (64%).
In front of thè river Castrocucco. This area was morphologically represented by a sharply sloping platform. Along thè radiai perpendicular to thè shore-line in front of thè river mouth thè sediments were sandy- pelitic down to about thè 30 m depth and pelitic in deeper waters.
— Infralittoral zone. The assemblages were characterized by thè dominance of Quinqueloculina aspera, Eggerella scabra and Q. seminulum were also abundant near thè mouth of thè river whereas Q. longirostra, T. trigonula and Ammonia beccarii were abundant off-shore. Baccella granu¬ lata, Cribrononion asterizans and Reophax atlanticus were of lesser impor¬ tale in terms of species dominance.
On both sides of thè main radiai, thè assemblages were more diversi- fied with thè presence, in particular, of Elphidium crispum and several spe¬ cies of Discorbidae.
— Circalittoral and bathyal zone. The assemblages recorded for thè upper circalittoral zone were characterized by thè dominance of Valvuline- ria bradyana , whereas those belonging to thè lower circalittoral and bathyal
The benthic Foraminéfers of thè Gulf of Policastro, ecc. 75
zones were oligotypic showing a remarkable prevalence in thè number of Bolivina alata and Fursenkoina tennis normally associated with typical deeper assemblages. The presence of numerous typical infralittoral tran» sported species was also recorded.
In front of thè rivers Lao and Abatemarco. The sediments were sandy pelitic in character down to thè 20-30 m depth and became mainly pelitic with increasing depth.
— Infralittoral zone. The foraminiferal assemblage mainly included Eggerella scabra, Q. aspera, A. beccarii, together with some typically near- shore species such as Triloculina, Q. longirostra, Q. seminulum, Q. can- deiana, Q. sabulosa, Buccella granulata, C. asterizans. The association found on both sides of thè radials located in front of thè mouths of both rivers appeared more diversified with thè dominance of P. granosum, Nonion depressulum, Asterigerinata planorbis, Discorbidae and Elphidiidae in more sandy areas and of Quinqueloculìna pulchella in more pelitic areas.
— Circalittoral zone. The assemblages were typical for this environ- ment but they showed a certain increase in thè number of Bolivina alata in bottoms deeper than 100 m.
CORRELATION OF FORAMINIFERS WITH ENVIRONMENTAL FACTORS
The areal distribution for these species showed a certain degree of variability, related to different habitats with similar depths along thè Conti¬ nental shelf. The foraminiferal distribution seems to be influenced by a number of ecological factors (Blanc-Vernet, 1969; Blanc-Vernet et al. 1979; Pujos, 1976).
The following factors were taken into consideration:
— nature of thè substrate;
— presence of bottom vegetation;
— inflow of fresh-water;
— depth.
Taking into consideration thè first 3 parameters, it was possible to assign dominant species to thè following groups:
1) species associated with sandy and sandy-pelitic bottoms: Quinquelo - culina aspera, Cribrononion asterizans, Trochamminula fìssuraperta, Q. sabu-
76 F. Sgarrella, D. Barra e A. Improta
Iosa, Triloculina bermudezi, T. oblonga, T. plicata, T. schreibersiana, T. tri- gonula, Baccella granulata, Elphidium crispum, Reophax atlanticus form 2.
2) species associateci with pelitic-sandy and pelitic bottoms: Alveoloph- ragmium jeffreysi, T, tricarinata, C. cuvilleri, P. granosum, Rhabdammina abyssorum, Ammodiscus catinus, Giorno spira charoides, Ammoscalaria pseu- dospiralis, A. tenuimargo, Quinqueloculina seminulum, Reophax atlanticus form 1;
3) species associated with bottoms that were exclusively pelitic: Sac¬ co rhiz a ramosa, Spiroplectammina wrighti, Bigenerina nodosaria, Clavulina cylindrica, Q. padana, Sphaeroidina bulloides, Bulimina aculeata, B. margi¬ nata, Fursenkoina tennis;
4) species associated with sandy bottoms of organic origin: Miniacina miniacea, Cibicides lobatulus, Planorbulìna mediterranensis, Rosalina spp., Miliolidae;
5) species associated with thè circalittoral «coralligenous»: Neoconor- bina terquemi, Cibicides lobatulus, Planorbulìna mediterranensis, Asterigeri - nata mamilla, Textularia conica, Discorbidae, Elphidium macellum;
6) species associated with bottom vegetation: Vertebralina striata, Nubecularia lucifuga, Miliolidae, Rosalina spp., Tretomphalus concinnus, Asterigerinata mamilla, Massilina secans, Peneroplis spp., Miniacina miniacea;
7) species particularly abundant in proximity of thè river outfalls: Ammonio spp., Nonion depressulum, Ammobaculites agglutinans, Eggerella scabra, Quinqueloculina longirostra.
In generai thè microfauna is particularly poor on sandy bottoms and in thè proximity of river mouths.
Table 2 shows thè bathymetric distribution for indicator species on thè Continental shelf for both thanatocoenoses (continuous line) and biocoe- noses (dashed line). The analysis generally showed a clear corrispondence in species distribution between thanatocoenoses and biocoenoses. The depth range of occurrence was more or less thè same in all of thè areas, except for thè area facing thè mouth of thè Castrocucco River where some species, typically associated with near-shore environments, were also found sporadically in deeper sediments. In fact, thè presence of a narrow platform and steep slope can justify a certain degree of re working of sediments.
TABLE 2 a
Bathymetric distribution for indicator species of thè Continental shelf. Thanatocoenoses: continuous line (— ); Biocoenoses: dashed line (- - - -).
SPECIES |
W ATE R -DEPTH m 50 100 150 200 |
Massilina secans |
_ _ |
Spiroloculina tricosta |
— |
Ammonia perlucida |
|
Quinqueloculina longirostra |
. |
Quinqueloculina seminulum |
|
Elphidium crispum |
|
Ammonia gaimardi |
|
Buccella granulata |
|
Elphidium macellum |
|
Quinqueloculina aspera |
|
Triloculina trigonula |
|
Ammonia beccarii |
|
Cribrononion cuvilleri |
|
Protelphidium granosum |
- |
Eggerella scabra |
|
Quinqueloculina laevigata |
— |
Cribrononion albiumbilicatum |
|
Ammobaculites agglutinans |
|
Bolivina variabilis |
|
Asterigerinata planorbis |
|
Vertebralina striata |
|
Cribrononion asterizans |
|
Nonion depressulum |
-, — |
Triloculina rotunda |
|
Triloculina oblonga |
|
Triloculina bermudezi |
|
Glandulina laevigata |
. . . |
Quinqueloculina contorta Triloculina plicata |
|
Quinqueloculina berthelotiana |
|
Cribrononion incertum |
|
Nonionella turgida |
|
Asterigerinata mamilla Bulimina elongata |
|
Reophax atlanticus |
|
Textularia spp. |
|
Valvulineria bradyana |
78 F. Sgarrella, D. Barra e A. Improta
TABLE 2 b
Bathymetric distribution for indicator species of thè Continental shelf. Thanatocoenoses: continuous line ( — -); Biocoenoses: dashed line (- - ).
SPECIES |
WATER-DEPTH SO 100 ISO 200 |
Cassidulina laevigata carinata |
|
Peneroplis spp. Spiroloculina grata Neoconorbina terquemi |
|
Pyrgo elongata |
_ _ _ |
Ammodiscus catinus |
|
Reophax scorpiurus |
|
Bulimina marginata |
|
Biloculinella spp . |
|
Rectuvigerina phlegeri |
|
Asterigerinata adriatica |
|
Reophax fusiformis |
|
Discorbinella bertheloti |
_ _» _ _ _ |
Triloculìna tricarinata |
|
Spiroplectammina wrighti |
|
Rhabdammina abyssorum |
_ |
Bigenerina nodosaria |
|
Quinqueloculina padana Alveolophragmium nitidum |
- - - - - — — - |
Globocassidulina subglobosa Clavulina cylindrica |
|
Gyroidina umbonata |
_ |
Sigmoilopsis schlumbergeri |
|
Bolivina alata |
-- - _ |
Adercotryma glomeratum |
|
Hyalinea baltica |
|
Gloir.ospira charoides |
|
Uvigerina mediterranea |
|
Sphaeroidina bulloìdes |
|
Pullenia quinqueloba |
_ |
Clavulina crustata |
|
Alveolophragmium scitulum |
_ __ |
Lenticulina peregrina |
|
Hoeglundina elegans |
|
Chilostomella oolina |
The benthic Foraminifers of thè Gulf of Policastm, ecc. 79
Biocoenoses
The biocoenoses of our samples were generally poor on sandy bottoms devoid of vegetation, on bottoms in front of river mouths and on biodetriti- cal sandy bottoms of thè circalittoral zone.
A good relationship between biocoenoses and related thanatocoenoses was observed.
The Cassidulinidae and parti cularly Cassidulina laevigata carinata
represented an exception. In fact this form occurred rather frequently and was at times dominant in thè circalittoral thanatocoenoses, whereas living specimens were extremely rare.
Con clu sion s
The study of thè benthic foraminiferal assemblages collected in thè Gulf of Policastro indicated thè presence of several dominant species that characterized well defined areas.
Their distribution is shown in Fig. 2 and seems to be controlled by depth, fresh-water inflow and by thè different babitats.
INFRALITTORAL ZONE OF AREAS THAT ARE NOT SUBJECTED TO RIVER inflow. This zone includes thè following 3 habitats:
— sandy biodetrital bottoms with a vegetation that is mainly defined by Rosalina spp. and Cibicides lobatulus.
— sandy bottoms with Posidonia. All epiphytic species are well repre¬ sented and Tretomphalus concinnus, Peneroplis spp. and Vertebralina striata are particularly abundant.
— pelitic-sandy bottoms that are transitional from infralittoral to circa¬ littoral. The assemblage included an admixture of epiphytic species of thè infralittoral and Valvulineria bradyana.
Infralittoral zone of areas influenced by river inflow. Two habi¬ tats were identified:
— sandy and sandy-pelitic bottoms in front of thè rivers Lambro, Min- gardo, Castrocucco, Lao, Abatemarco. The assemblage consisted mainly
QU I NQUELOCUL I NA ASPERA, Q, LONGIROSTRA, EGGERELLA SCABRA, AMMONI A BECCARII,
A, BECCARII, E, SCABRA, CRIBRONONION lsi:s;ss I CLIVI LLERI , PROTELPHIDIUM GRANOSUM,
TRETOMPHALUS CONCI NNUS, PENEROPLIS SPP, VERTEBRALINA STRIATA,
ROSALINA SPP., C1BICIDES LOBATULUS.
SPIROLOCULINA GRATA, T, CONCTNNUS, MILIOLIDAE AND VALVULINERIA BRADYANA .
Q, ASPERA, A, BECCARII, Q. PULCHELLA, Q. LONGIROSTRA,
VALVULINERIA BRADYANA,
CASSIDULINA LAEVIGATA CARI NATA,
NEOCONORBINA TERQUEMI ,
ÌZ5Ì
BULIMINA SPP., VALVULINERIA BRADYANA, CASSIDULINA LAEVIGATA CARI NATA.
BULIMINA SPP., VALVULINERIA BRADYANA,
BOLIVINA ALATA, C, LAEVIGATA CARI NATA.
BULIMINA SPP,
BOLIVINA ALATA.
FURSENKOINA TENUIS,
GLOMOSPIRA CHAROIDES, BULIMINA SPP., C. LAE' VIGATA CARI NATA, UVIGER INA MEDITERRANEA,
UVIGERINA MEDITERRANEA,
Fig. 2
Distributions of thè dominant species and assemblages in thè Gulf of Policastro.
The benthic Foraminifers of thè Gulf of Polì castro, ecc. 81
of Quinqueloculina aspera, Q. longirostra, Eggerella scabra, Ammonia becca¬ rii, Cribrononion asterizans, Baccella granulata and of thè shallow water species belonging to thè genus Triloculina.
— pelitic-sandy bottoms with Caulerpa and Cymodocea in front of thè Bussento river. Ammonia spp. and Eggerella scabra were dominant, toge- ther with Cribrononion cuvilleri and Protelphidium granosum.
Circalittqral zone. The bottoms were mainly pelitic. The rather homogeneous assemblages were characterized by thè predominance of Val- vulineria bradyana, Cassidulina laevigata carinata and Bulimina spp. The first species characterized thè upper circalittoral zone whereas thè other two characterized deeper sediments.
Bolivina alata and Fursenkoina tennis were very common in thè lower circalittoral zone in thè area in front of thè rivers Castrocucco and Lao.
The « coralligenous » assemblage was quite different due to thè domin- ance of Neoconorbina terquemi and Cibicides lobatulus.
Bathyal zone. W e collected only a small number of samples for this zone. The assemblage was characterized by Bulimina spp. and Cassidulina laevigata carinata together with deep-water arenaceous forms and Uvigerina mediterranea. The latter species becomes clearly dominant at depths greater than 600 m.
Taking into consideration thè fomaminiferal areal distribution, w e noted that thè infralittoral assemblages showed different and oligotypic characters that were related to thè assemblages of areas far from rivers inflows.
With respect to thè lateral areas thè most striking changes occurred mainly along thè radials corresponding to thè centrai axis of thè river mouths.
Therefore w e maintain that thè influence of fresh-water is confmed to thè infralittoral, with a maximal effect only occurring along thè line per- pendicular to thè coast.
The reduction in arenaceous species and thè abundance of worn spe- cimens was particularly evident for thè Bussento river area. These facts seem to suggest that this zone is characterized by more pronounced hydro- dynamic phenomena as compared to other river areas.
Acknowledgements
The authors wish to acknowledge thè criticai review of Prof. Maria
Moncharmont Zei and Dr. Gioacchino Bonaduce.
82 F. Sgarrella, D. Barra e A. Improta
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Presentata nella tornata del 25 novembre 1983. Accettata il 12 marzo 1984.
84 F. Sgarrella, D. Barra e A. Improta
APPENDIX
Remarks on ecology and systematics of some species
Rhabdammìna abyssorum Sars
1869 - Sars, M., Vid. Selsk. Christiana, Forh., p. 248. Nom. nud.
Environment: Circalittoral on pelitic and pelitic-sandy bottoms.
Saccorhiza ramosa (Brady)
1879 - Hyperammina ramosa Brady. Brady H. B., Quart. Jour. Micr. Sci., London, England, n.s., voi. 19, p. 33, pi. 3, figs. 14-15.
Environment: circalittoral and bathyal on pelitic sediments only.
Ammodiscus catinus Hoeglund (pi. 1; figs. 8, 9)
1947 - Hoeglund, H., Uppsala, Univ. Zool., Bidrag, Uppsala, Bd. 26, p. 122, pi. 8, figs. 1, 7; pi. 28, figs. 19-23.
Systematics: small sized and irregularly coiled form.
Environment: circalittoral and bathyal on pelitic and pelitic-sandy bottoms.
Glomospira charoides (Jones & Parker)
1860 - Trochammina squamata Jones & Parker var. charoides Jones & Parker. Jones, T. R. and Parker, W. K., Geol. Soc. London, Quart. Jour., London, England, voi. 16, p. 304.
Environment: circalittoral and bathyal on pelitic and pelitic-sandy bottoms. Particu- larly abundant from 150-200 m.
Reophax atlanticus (Cushman)
(pi. 1; figs. 1, 2)
1944 - Proteonina atlantica Cushman. Cushman, J. A., Cushman Lab. Foram. Res., Spec. Pubi., Sharon, Mass., no. 12, p. 5, pi. 1, fìg. 4.
Systematics: This species includes specimens that can be split into two groups: Reophax atlanticus form 1 that agglutinates small sized granules. Reophax atlanticus form 2 that agglutinates larger granules.
Environment: form 1 occurs on pelites and sandy-pelite; form 2 occurs on sands and pelitic-sands.
Nouria polymorphinoides Heron-Allen & Earland
1914 - Heron-Allen, E., and Earland, A., Zool. Soc. London, Trans., London, England, voi. 20 (1912-15), pt. 12, p. 376, pi. 37, fogs. 1-15.
Environment: found only in areas in front of thè Lao and Abatemarco rivers.
The benthic Foraminifers of thè Gulf of Policastro, ecc. 85
Alveolophragmium jeffreysi (Williamson)
1858 - Nonionina jeffreysi Williamson. Williamson, W. C., Ray Soc., London, England, p. 34, pi. 3, figs. 72-73.
Environment: found on sandy-pelites and pelites. Empty shells were recorded for all depths, whereas living ones were quite rare. This species was also found near thè mouth of thè river Bussento. This suggests a probable correlation with thè pelitic-sandy nature of thè sediments in this area.
Ammobaculites agglutinans (d’ORBiGNY)
(pi. 1; fig. 3)
1846 - Spirolina agglutinans d’Orbigny. Orbigny, A. d’, Gide et Comp., Paris, France, p. 137, pi. 7, figs. 10-12.
Systematics: thè shell is rather fragile and is frequently found broken.
Environment: infralittoral. It is quite rare and has been found only in thè vicinity of thè mouths of thè rivers Bussento, Castrocucco and Lao.
Ammoscalaria pseudospiralis (Williamson)
1858 - Proteonina pseudospiralis Williamson. Williamson, W. C., Ray Soc., London, England, p. 2, pi. 1, figs. 2-3.
Ammoscalaria tenuimargo (Brady)
1882 - Haplophragmium tenuimargo Brady. Brady, H. B., Roy. Soc. Edinburgh, Proc. Edinburgh, Scotland, voi. 11 (1880-1882), p. 715, Brady, «Challenger» Rep., London, England, 1884, Zool., voi. 9, pi. 33, figs. 13-16.
Environment: pelites and sandy-pelites of thè infralittoral and circalittoral.
Spiroplectammina wrìghti (Silvestri)
1903 - Spiroplecta wrighti Silvestri. Silvestri, A., Accad. Pont. Nuovi Lincei, Atti, Roma, Italia, tomo 56, p. 60, tfs. 1-6.
Environment: pelites of thè circalittoral.
Textularia calva Lalicker
1935 - Lalicker, C. G., Smithsonian Inst. Mise. Coll., Washington, D. C., U.S.A., voi. 91, no. 22, p. 1, pi. 1, figs. 1-2.
Environment: from sandy to pelitic sediments. This species is common in thè circa¬ littoral zone and is more frequent at about thè 50 m depth. In thè biocoe- noses it was found from 20-100 m with a maximum abundance that occurred between 50-80 m.
Bigenerina nodosaria d’ Orbigny
1826 - Orbigny, A., d’, Ann. Sci. Nat., Paris, France, ser. 1, tome 7, p. 261, pi. 11, figs. 9-12.
Environment: pelitic sediments of thè circalittoral and bathyal. Maximum abun- dances were recorded from 80-100 m in both thanatocoenoses and biocoe-
noses.
86 F. Sgarreìla, D. Barra e A. Improta
Trochamminula fissuraperta (Shchedrina)
(pi. 1; figgs. 6, 7)
1953 - Trochammina fìssuraperta Shchedrina. Shchedrina, Z. G., Akad. Nauk SSSR, Zool. Inst., Trudy, v. 13, p. 12-32.
Systematics: this species has very fragile shell. The test is similar to Trochammina , but shows 2 interior-marginal openings.
Environment: thè species is very rare and has been found only on sandy bottoms in front of thè mouths of thè rivers Lambro and Mingardo at thè 11-20 m depth.
Eggerella scabra (Williamson)
1958 - Bulimina scabra Williamson. Williamson, W. C, Ray Soc., London, England, p. 65, pi. 5, figs. 136-137.
Environment: mainly infralittoral. Maximum abundances occurred on sandy and on sandy-pelite bottoms near thè vicinity of river mouths. In thè biocoenoses, thè maximum in abundance corresponds to areas influenced by river dis- charge and it occurs very rarely elsewhere.
Clavulina cylindrica d’ORBiGNY
1852 - Orbigny, A., d’, Paris, France, V. Masson, voi. 3, p. 194.
Environment: quite common on pelitic bottoms of thè circalittoral and bathyal. W e frequently found specimens showing only thè triserial stage whereas com¬ plete forms were less common.
Nubecularia lucifuga Defrance
1825 - Defrance, M. J. L., Paris, France, F. G. Levrault, tome 35, p. 210, pi. 44, fig. 3.
Environment: only in those areas not subjected to river discharge. It has been found alive on a Posidonia and Cymodocea «herbiers» (Blanc-Vernet, 1969).
Spiroloculina grata Terquem
1878 - Terquem, O., Soc. Géol. France, Mém., Paris, France, sér. 3, tome 1, no. 3, p. 55, pi. 5, figs. 14a-b, 15a-b.
Environment: preferably on infralittoral pelitic-sands; living specimens are very rare.
Vertebralina striata d’ORBiGNY
1826 - Orbigny, A., d’, Ann. Sci. Nat., Paris, France, sér. 1, tome 7, p. 283.
Environment: it was only abundant on Posidonia prairies in both thanatocoenoses and biocoenoses. It has been cited as abundant on bottom vegetation (Blanc-Vernet, 1969).
Quinqueloculina aspera d’ORBiGNY
1826 - Orbigny, A., d’, Ann. Sci. Nat., Paris, France, sér. 1, tome 7, p. 301.
The benthic Foraminifers of thè Gulf of Policastro, ecc. 87
Environment: very abundant on sandy and sandy-pelitic bottoms of thè circalittoral. W e found empty shells that had probably been transported in deeper sedi- ments along thè radials in front of thè mouths of rivers.
Quinqueloculina bradyana Cushman
1917 - Cushman, J. A., U.S. Nat. Mus., Bull., Washington, D.C., U.S.A., no. 71, p. 52, pi. 18, fig. 2.
Quinqueloculina colomi Le Calvez
1958 - Le Calvez, J. and Le Calvez, Y., Monaco, Inst. Océanogr., Ann., Paris, France, voi. 35, fase. 3, p. 176, pi. 3, figs. 15, 16; pi. 4, figs 17-19.
Environment: infralittoral in areas not subjected to river inflow. Living specimens were found only on Posidonia prairies.
Quinqueloculina longirostra d’ORBiGNY
1826 - Orbigny, A., d’, Ann. Sci. Nat., Paris, France, sér. 1, tome 7, p,. 303.
Environment: infralittoral. It is very abundant in thè vicinity of river mouths. Along thè radials in front of thè Castrocucco river mouth we found a small number of specimens that had been transported down to thè depth of about 200 m.
Quinqueloculina padana Perconig
1954 - Perconig, E., Contr. Sci. Geol., Rome, voi. 3, p. 96, p. 95, tfs. 1, la-d, 2, 2a, 3-4.
Environment: circalittoral and bathyal on pelitic bottoms.
Quinqueloculina sabulosa Cushman (pi. 2; figs. 2, 3, 4)
1947 - Cushman, J. A., Cushman Lab. Foram. Res., Contr., Sharon, Mass., voi. 23, p. 87, pi. 18, fig. 22.
Systematics: small tests with coarsely arenaceous walls, very fragile.
Environment: infralittoral zone where it is quite rare. It has been found mainly in areas in front of river mouths, with thè exception of thè Bussento area.
Quinqueloculina seminulum (Linneo)
1758 - Serpula seminulum Linneo. Linneo C., Ed. 10. Holmiae, Suecia, L. Salvii, tomus 1, p. 786, pi. 2, fig. la-c.
Environment: characteristic of pelitic and pelitic-sandy bottoms. The maximum number of specimens was registered at thè Castrocucco River mouth.
Massilina secans (d’ Orbigny)
(pi. 2; figs. 5, 6, 7, 8, 9)
1826 - Quinqueloculina secans d’Orbigny. Orbigny, A., d’, Ann. Sci. Nat., Paris, France, sér. 1, tome 7, p. 303.
Systematics: we found specimens with early chambers in a quinqueloculina arrange¬ ment and later chambers added in a single piane, on alternate sides. Some specimens that can be attributed to thè genus Quinqueloculina and that are
88 F. Sgarrella, D. Barra e A. Improta
very dose to thè earlier stage of Massilina secans have been found in thè same sample. Because of this, we recorded these specimens as Massilina secans because they could represent juveniles of this species.
Environment: abundant down to about thè 20 m depth in thè area in front of thè mouth of thè Bussento River and on thè Posidonia prairies of its western part.
Triloculina bermudezi Acosta
1940 - Acosta, J. T., Soc. Cubana Hist. Nat., Mem., La Habana, voi. 14, num. 1, p. 37, pi. 4, figs. 1-5.
Triloculina oblonga (Montagli)
1803 - Vermiculum oblongum Montagu. Montagu, G., Romsey, England, Printed by J. S. Hollis, p. 522, pi. 14, fig. 9.
Environment: infralittoral on sandy and sandy-pelitic bottoms. The maximum abun- dance was noted in areas in front of river mouths.
Triloculina plicata Terquem
1878 - Terquem, O., Soc. Géol. France, Mém., Paris, France, sér. 3, tome 1, no. 3, p. 61, pi. 6, fig. 2a-b.
Triloculina schreibersiana d’ORBiGNY (pi. 3; figs. 1, 2)
1839 - Orbigny, A., d\ A. Bertrand, Paris, France, p. 174, voi. 8, pi. 9, figs. 20-22. Triloculina trigonula (Lamarck)
1804 - Miliolites trigonula Lamarck. Lamarck, J. B., Parker Mus. Nation. Hist. Nat., Ann., Paris, France, tome 5, p. 351, voi. 9, 1807, pi. 17, fig. 4.
Environment: infralittoral and upper circalittoral. These are more common on san¬ dy-pelitic bottoms in areas in front of river mouths.
Triloculina tricarnata d’ORBiGNY
1826 - Orbigny, A., d\ Ann. Sci. Nat., Paris, France, sér. 1, tome 7, p. 299.
Environment: it occurs more frequently on pelitic and pelitic-sandy bottoms of thè circalittoral.
Biloculinella spp.
Environment: we found 4 species belonging to this genus (tab. 3); they were record¬ ed in low numbers in thè circalittoral and bathyal environment.
Amphicoryna scalaris (Batsch)
1791 - Nautilus scalaris Batsch. Batsch., A. I. G. C., Jena: Univ. Press, pp. 1, 4, pi. 2, fig. 4a-b.
The benthic Foraminifers of thè Gulf of Po li castro, ecc. 89
Environment: very abundant in thè circalittoral. Living specimens were more frequ- ent in habitats deeper than 100 m.
Lenticulina peregrina (Schwager)
1866 - Cristellaria peregrina Schwager. Schwager, C., Wien, Òsterreich, Geol. Theil. Bd. 2, Abt. 2, p. 245, pi 7, fig. 89.
Environment: circalittoral and upper part of thè bathyal. It was particularly abun¬ dant in habitats deeper than 70 m both in thanatocoenoses and biocoenoses.
Sphaeroidina bulloides d’ORBiGNY
1826 - Orbigny, A., d\ Ann. Sci. Nat., Paris, France, sér. 1, tome 7, p. 267, no. 65.
Environment: very common on circalittoral and bathyal pelitic bottoms. Living spe¬ cimens of this species occurred more frequently in habitats deeper than
100 m.
Bolivina alata (Seguenza)
1862 - Vulvulina alata Seguenza. Seguenza, G., Accad. Gioenia Sci. Nat. Catania, Atti, Catania, Italia, ser. 2, tomo 18, p. 115, pi. 2, fig. 5.
Environment: circalittoral and upper bathyal. It occurred more commonly in thè area in front of thè Castrocucco River mouth on both sides of thè radiai perpendicular to thè shore-line. Living specimens were frequent from 100- 200 m.
Bulimina aculeata d’ Orbigny
1826 - Orbigny, A., d’, Ann. Sci. Nat., Paris, France, sér. 1, tome 7, p. 269, Parker, Jones & Brady, Ann. Mag. Nat. Hist., London, England, 1871, ser. 4, voi. 8, pi. 11, fig. 128. Fornasini, Acc. Sci. Bologna, Mem., Bologna, Italia, 1902, ser. 5, tomo 9, p. 153, fig. 4.
Bulimina marginata d’ORBiGNY
1826 - Orbigny, A., d’, Ann. Sci. Nat., Paris, France, sér. 1, tome 7, p. 269, pi. 12, figs, 10-12.
Environment: preferably on pelitic bottoms of thè circalittoral bathyal.
Bulimina ,elongata d’ORBiGNY
1902 - Fornasini, C., R. Accad. Sci. Ist. Bologna, Mem. Sci. Nat., Bologna, Italia, ser. 5, tomo 9, p. 373, tf. 5.
Environment: of thè species comprising thè genus Bulimina , in our samples, this species was thè one that preferred thè most near-shore environments. It occurred in thè infralittoral and circalittoral on sandy-pelitic and pelitic bottoms.
90 F. Sgarrella, D. Barra e A. Improta
Baccella granulata (Di Napoli)
1952 - Eponides frigidus granulatus Di Napoli. Napoli Alliata, E., di, Riv. Ital. Pai. Strat., Milano, voi. 58, no. 3, pp. 103, 107, pi. 5, figs. 3.
Environment: infralittoral and upper circalittoral with maximum abundances that occurred mainly on sandy bottoms.
Discorbinella bertheloti (d’ORBlGNY)
1839 - Rosalina bertheloti d’Orbigny. Orbigny, A., d’, Béthune, Paris, France, tome 2, pt. 2, Zool., p. 135, pi. 1, figs. 28-30.
Environment: maximum frequency occurred on pelitic bottoms of thè circalittoral down to about thè 160 m depth.
Gavelinopsis praegeri (Heron-Allen & Earland)
1913 - Discorbina praegeri Heron-Allen & Earland. Heron-Allen, E. and Earland, A., Roy. Irish. Avad., Proc., Dublin, Ireland, voi. 31, sect. 3, p. 122, pi. 10, figs. 8-10.
Environment: infralittoral and circalittoral. Living specimens were only recorded in thè circalittoral, more frequently in thè upper part of this zone.
Neoconorbina terquemi (Rzehak)
1888 - Discorbina terquemi Rzehak. Rzehak, A., Austria, Geol. Reichsanst., Verh., Wien, p. 228 = Rosalina orbicularis Terquem 1876, An. plage Dunkerque, p. 166, pi. 9, fig. 4a-b.
Environment: upper circalittoral, very abundant only on « coralligenous » bottoms (thanatocoenoses and biocoenoses).
Rosalina bradyi (Cushman)
1915 - Discorbis globularis (d’Orbigny) var. bradyi Cushman, J.A., U.S. Nat. Mus., Bull., Washington, D.C., U.S.A., no. 71, p. 12, pi. 8, fig. 1.
Rosalina obtusa d’ORBlGNY
1846 - Orbigny, A., d’, Gide et Comp., Paris, France, p. 179, pi. 11, figs. 4-6.
Environment: particularly abundant in thè infralittoral of areas not subjected to riv- er inflow. Living specimens were very common.
Tretomphalus concinnus (Brady)
1884 - Discorbina concinna Brady. Brady, H. B., Rept. Challenger Exp., London, England, Zool., pt. 22, voi. 9, p. 646, pi. 90, figs. 7-8.
Environment: very abundant in thè infralittoral especially on sandy and pelitic-sandy bottoms in areas that were non influenced by river inflow. The areal distribu- tion of living specimens did not always correspond to that of empty shells.
The henthic Foraminifers of thè Gulf of Policastro, ecc. 91
Valvulineria hradyana (Fornasini)
1900 - Discorbina hradyana Fornasini. Fornasini, C., R. Accad. Sci. Ist. Bologna, Mem., Bologna, Italia, ser. 5, tomo 8, p. 393, tf. 43.
Environment: it was more frequent in thè circalittoral and in thè upper bathyal of thè Bussento area. It was particularly abundant down to thè 100 m depth.
Asterigerinata mamilla (Williamson)
1858 - Rotalina mamilla Williamson. Williamson, W. C., Ray Soc., London, England, p. 54, pi. 14, figs. 109-111.
Environment: very common on biodetrital sands, circalittoral « coralligenous » and on those covered with vegetation (stn. 53, 58, 49). Living specimens were quite rare.
Ammonia spp.
Environment: more frequent in thè infralittoral. Maximum abundances were record- ed in areas in front of river mouths and particularly in front of that of thè Av¬ er Bussento. The refore, w e can assume that these species are tolerant of low salinity conditions.
Elphidium crispum (Linneo)
1758 - Nautilus crispus Linneo. Linneo, C., Ed. 10, Holmiae, Suecia (Sweden), impensis L. Salvii, tomus 1, p. 709, pi. 1, Fig. 2d-f.
Elphidium macellum (Fichtel & Moll)
1798 - Nautilus macellus Fichtel & Moll. Fichtel, L., von and Moll, J. P. C. von, Wien, Òsterreich, Camesina, (1803 reprint), p. 66, pi. 10, Figs. e-g, h-k.
Environment: infralittoral. They occurred more commonly on very sandy-pelitic bot- toms.
Elphidium punctatum (Terquem)
1878 - Polystomella punctata Terquem. Terquem, O., Soc. Geol. France, Mém., Paris, France, sér. 3, tome 1, no. 3, p. 16, pi. 1, Fig. 7a-b.
Environment: infralittoral and upper circalittoral.
Cribrononion asterizans (Fichtel & Moll)
1798 - Nautilus asterizans Fichtel & Moll. Fichtel, L. von and Moll, J. P. C. von, Wien, Òsterreich, Camesina, p. 37, pi. 3, figs. e-h.
Environment: infralittoral only in areas influenced by thè rivers Lambro, Mingardo, Castrocucco, Lao, Abatemarco. The species is absent in all areas influenced by thè Bussento river.
Cribrononion cuvilleri (Lévy)
1966 - Elphidium cuvilleri Lévy. Lévy, A., Vie et Milieu, voi. 17, fase. 1-A, p. 5-6, pi. 1, fig. 6.
92 F. Sgarreìla, D. Barra e A. Improta
Protelphidium granosum (cI’Orbigny)
(Pi. 3; fig. 6)
1846 - Nonionina granosa d’Orbigny. Orbigny, A., d\ Gide et Comp., Paris, Franca, p. 110, pi. 5, fìgs. 19, 20.
Environment: particularly abundant on pelitic and pelitic-sandy bottoms down to thè 100 m depth. In thè area in front of thè Castrocucco River mouth we found specimens that had been transported down to 200 m. Both species were quite common in front of thè Bussento river.
Hyalinea baltica (Schroeter)
1783 - Nautilus balticus Schroeter. Schroeter, Einleitung Conch. nach Linné, voi. 1, p. 20, pi. 1, Fig. 2.
Environment: circalittoral and bathyal. More common in waters deeper than 80 m.
Cibicides lobatulus (Walker & Jacob)
1798 - Nautilus lobatulus Walker & Jacob. Walker, G. and Jacob, E., in Kanmacher, Adams’ Essays, ed. 2, London, England, printed by Dillon and Keating, p. 642, pi. 14, fìg. 36.
Environment: infralittoral and circalittoral. Abundant on shell detritus (sample GP’ 81-58) and on « coralligenous » bottoms (sample GP’ 81-49). Living specim¬ ens were rare.
Planorbulina mediterranensis d’ Orbigny
1826 - Orbigny, A., d’, Ann. Sci. Nat., Paris, France, sér. 1, tome 7, p. 280, pi. 14, fìgs. 4-6.
Environment: more frequent in infralittoral areas that were subjected to river dis- charge and on «coralligenous» bottoms. Living specimens were very rare.
Fursenkoina tennis (Seguenza)
1862 - Virgulina tennis Seguenza. Seguenza, G., Accad. Gioenia Sci. Nat., Catania, Atti, Catania, Italia, ser. 2, tomo 18, p. 112, pi. 2, fìg. 2.
Environment: present only on pelitic bottoms. Maximum abundances in thè circalit¬ toral and in thè upper bathyal zones.
Cassidulina laevigata carinata Silvestri
1896 - Silvestri, A., Accad. Pont. Nuovi Lincei, Mem., Roma, Italia, voi. 12, p. 104, pi. 2, fìg. IOa-c.
Environment: abundant in thè circalittoral and bathyal zones on pelitic and pelitic- sandy bottoms. Empty shells were very abundant whereas living ones were quite rare.
Nonion depressulum (Walker & Jacob)
1798 - Nautilus depressulus Walker and Jacob. Walker, G. and Jacob E., in Kanma¬ cher, Adams’ Essays. Ed. 2, London, England, printed by Dillon and Keating, p. 641, pi. 14, fìg. 33.
The benthic Foraminifers of thè Gulf of Policastro, ecc. 93
Environment: infralittoral. It seems to prefer depths of about 50 m and to tolerate low salinity conditions (Pujos, 1976). It has been found in thè vicinity of thè mouths of thè rivers Bussento, Mingardo, Abatemarco.
Nonionella turgida (Williamson)
1858 - Rotalina turgida Williamson. Williamson, W. C., Ray Soc., London, England, p. 50, pi. 4, figs. 95-91 .
Environment: infralittoral and circalittoral down about thè 100 m depth. More abundant at about thè 50 m depth.
Pullenia quinqueloba (Reuss)
1851 - Nonionina quinqueloba Reuss. Reuss, A. E., Deutsch. Geol. Ges., Zeitschr., Berlin, Deutschland, Bd. 3, p. 71, pi. 5, fìg. 31.
Gyroidina umbonata (Silvestr)
1898 - Rotalia soldanii d’Orbigny var. umbonata Silvestri. Silvestri, A., Accad. Pont. Nuovi Lincei, Mem., Roma, Italia, voi. 15, p. 329, pi. 6, fig. 14a-c.
Environment: both species occurred in thè circalittoral zone in waters deeper than 70 m and in thè bathyal.
Hoeglundina elegans (d’ORBlGNY)
1826 - Rotalia elegans d’Orbigny. Orbigny, A., d’, Ann. Sci. Nat., Paris, France, sér. 1, tome 7, p. 276. Parker, Jones and Brady, Ann. Mag. Nat. Hist, London, England, 1871, ser. 4, voi. 8, pi. 12, fig. 142.
Environment: this species has been recorded in waters deeper than 96 m; it occurred more commonly in thè bathyal zone.
PLATE 1
Fig. 1. Fig. 2. Fig. 3. Fig. 4. Fig. 5. Fig. 6. Fig. 7. Fig. 8. Fig. 9.
— Reophax atlanticus forni 2. x 150. Sample GP’81-45.
— Reophax atlanticus form. 1. x 165. Sample GP’81-3.
— Ammobaculites agglutinans. x 60. Sample GP’81-34.
— Trochammmina compacta. Umbelical side, x 150. Sample GP’81-49.
— Trochammina compacta. Spirai side, x 165. Sample GP’81-49.
— Trochamminula fissuraperta. Spirai side, x 165. Sample GP’81-51.
— Trochamminula fìssuraperta. Edge view. x 170. Sample GP’81-45.
— Ammodiscus catinus. Edge view. x 145. Sample GP’81-4.
— Ammodiscus catinus. Side view. x 150. Sample GP’81-4.
Boll. Soc. Natur. Napoli, 1983
Sgarrella F., Barra D., Improta A., The benthic Foramìnifers of thè Gulf of Policastro, ecc. Plate 1
PLATE 2
Fig. 1. — Ammodiscus planorbis. Edge view. x 100. Sample GP’81-61.
Fig. 2. — Quinqueloculina sabulosa. Apertural view. x 340. Sample GP’81-8. Fig. 3,4. — Quinqueloculina sabulosa. Side views. x 200. Sample GP’81-19. Fig. 5. — Massilina secans. Side view. x 45. Sample GP’81-31.
Fig. 6. — Massilina secans. Specimens with chambers quinqueloculine-like arran¬ gement. Side view. x 80. Sample GP’81-31.
Fig. 7,8. — Massilina secans. Specimens lacking two chambers. Side views. x 95. Sample GP’81-31.
Fig. 9. — Massilina secans. Specimen broken showing chambers arrangement, x 70. Sample GP’81-36.
Boll. Soc. Natur. Napoli, '1983
Sgarrella R, Barra D., Improta A., The benthic Foraminifers of thè Gulf of Policastro, ecc. Plate 2
Fig. 1. Fig. 2. Fig. 3. Fig. 4. Fig. 5. Fig. 6. Fig. 7. Fig. 8. Fig. 9.
PLATE 3
— Triloculina schreìbersiana. Side view. x 140. Sample GP’81-45.
— Triloculina schreìbersiana. Front, view. x 145. Sample GP’81-45.
— Trifarina elongatastriata. Side view. x 75. Sample GP’81-20.
— Rosalina floridiana. Spirai side, x 100. Sample GP’81-49.
— Rosalina floridiana. Umbilical side, x 95. Sample GP’81-49.
— Protelphidìum granosum. Side view. x 125. Sample GP’81-16.
— Cribrononion sp. Side view. x 120. Sample GP’81-16.
— Elphidium maioricense. Side view. x 60. Sample GP’81-58.
— Elphidium maioricense. Apertural view. x 85. Sample GP’81-58.
Boll. Soc. Natur. Napoli, 1983
Sgarrella F., Barra D., Improta A., The benthic Foraminifers of thè Gulf of Policastro, ecc. Plate 3
Tab. 3 (la) - Distribution of benthic Foraminifers in thè stations. The percentages of thè thanatocoenoses à indicateci and thè presence of living specimens is marked by «v».
SPECIES |
SAMPLES |
31 |
14 |
30 |
35 |
36 |
1 |
44 |
45 |
51 |
2 |
7 |
15 |
29 |
40 |
43 |
22 |
34 |
37 |
53 |
58 |
- |
WATER -DEPTH m |
6 |
9 |
10 |
10 |
10 |
11 |
11 |
19 |
19 |
20 |
20 |
20 |
20 |
20 |
21 |
21 |
21 |
21 |
22 |
22 |
3 |
|
GRAIN SIZE |
VSP |
PS |
P |
SP |
?P |
Pg |
PS |
? |
s |
PS |
Pg |
PS |
P |
P§ |
Pf? |
PS |
P |
P |
PS |
S |
V |
|
ASTRORHIZIDAE |
||||||||||||||||||||||
Rhabdammina abyssorum SARS |
: |
|||||||||||||||||||||
Rhabdammina linearis BRADY |
||||||||||||||||||||||
Rhizammina indivisa BRADY |
+ V |
|||||||||||||||||||||
Saccorhiza ramosa |
(BRADY) |
|||||||||||||||||||||
LACCAMI ilNIDAE |
||||||||||||||||||||||
Psammosphaera fusca |
SCHULZE |
|||||||||||||||||||||
Saccammina socialis |
BRADY |
|||||||||||||||||||||
Hemisphaerammina bradvi LOEBLlC’h & TAPPAN |
||||||||||||||||||||||
AMMODISCIDAE |
||||||||||||||||||||||
Ammodiscus catinus |
HÒGLUND |
+ |
||||||||||||||||||||
Ammodiscus planorbi |
s hOglund |
|||||||||||||||||||||
Glomospira charoides (JONES & PARKER) |
||||||||||||||||||||||
Glomospira gordialis (JONES & PARKER) |
+ V |
v |
||||||||||||||||||||
Ammolagena clavata |
(JONES & PARKER) |
|||||||||||||||||||||
HORMOSINIDAE |
||||||||||||||||||||||
Reophax atlanticus |
(CUSHMAN) |
+ V |
6 v |
6 v |
8 v |
6 v |
4 v |
1 |
2 v |
+ |
1 V |
1 |
4i |
|||||||||
Reophax dentaliniformis (BRADY) |
||||||||||||||||||||||
Reophax fusiformis |
(WILLIAMSON) |
|||||||||||||||||||||
Reophax guttifer (BRADY) |
||||||||||||||||||||||
Reophax micaceus EARLAND |
||||||||||||||||||||||
Reophax nodulosus |
BRADY |
|||||||||||||||||||||
Reophax scorpiurus |
MONTFORT |
1 |
+ |
+ |
||||||||||||||||||
NOURIDAE |
||||||||||||||||||||||
Nouria polimorphinoides H-ALLEN & EARLAND |
||||||||||||||||||||||
LITUOLIDAE |
||||||||||||||||||||||
Hapliophragmoides bradyi (ROBERTSON) |
+ |
2 |
||||||||||||||||||||
Adercotryma glomeratum (BRADY) |
||||||||||||||||||||||
Recurvoides turbinatus (BRADY) |
+ |
|||||||||||||||||||||
Sphaerammina ovalis |
CUSHMAN |
|||||||||||||||||||||
Alveolophragmium jeffreysi (WILLIAMSON) |
+ |
+ |
2 |
3 |
1 V |
+ |
2 v |
2 |
+ |
|||||||||||||
Alveolophragmium nitidum (GOES) |
||||||||||||||||||||||
Alveolophragmium scitulum (BARDY) |
||||||||||||||||||||||
Alveolophragmium wiesneri (PARR) |
||||||||||||||||||||||
Ammobaculites agglutinans (d'ORBIGNY) |
+ V |
+ |
1 |
1 |
2 v |
1 |
: |
|||||||||||||||
Ammoscalaria pseudospiralis (WILLIAMSON) |
+ |
1 |
1 V |
+ |
||||||||||||||||||
Ammoscalaria tenuimargo (BRADY) |
||||||||||||||||||||||
Placopsilina bradyi |
CUSHMAN & McCULLOCK |
|||||||||||||||||||||
TEXTULARIIDAE |
||||||||||||||||||||||
Spiroplectammina wrighti (SILVESTRI) |
||||||||||||||||||||||
Textularia aciculata (d'ORBIGNY) |
+ |
|||||||||||||||||||||
Textularia agglutinans d'ORBIGNY |
||||||||||||||||||||||
Textularia calva LALICKER |
+ |
+ |
+ |
+ V |
2 |
+ |
+ V |
3 v |
1 V |
+ |
1 |
|||||||||||
Textularia candeiana d’ORBIGNY |
+ |
|||||||||||||||||||||
Textularia conica |
d’ORBIGNY |
+ |
||||||||||||||||||||
Textularia earlandi |
PARKER |
I |
||||||||||||||||||||
Textularia gramen |
d'ORBIGNY |
+ |
+ |
... |
||||||||||||||||||
Textularia pala CZJZEK |
+ |
|||||||||||||||||||||
Bigenerina nodosaria d'ORBIGNY |
||||||||||||||||||||||
Siphotextularia concava (KARRER) |
... |
|||||||||||||||||||||
TROCHAMMINIDAE |
||||||||||||||||||||||
Trochammina compacta PARKER |
' |
|||||||||||||||||||||
Trochammina globigeriniformis (parker & JONES) |
+ |
+ |
- |
|||||||||||||||||||
Trochammina inflata (MONTFORT) |
||||||||||||||||||||||
Trochammina nana (BRADY) |
||||||||||||||||||||||
Trochammina ochracea (WILLIAMSON) |
' |
|||||||||||||||||||||
Trochammina sguainata PARKER & JONES |
||||||||||||||||||||||
Ammosphaeroidina sphaeroidiniformis (BRADY) |
+ |
|||||||||||||||||||||
Trochamminu la fissuraperta SHCHEDRINA |
+ |
+ V |
1 v |
+ V |
- |
|||||||||||||||||
ATAXOPH RAGMI I DAE |
- |
|||||||||||||||||||||
Eggerel la scabra (WILLIAMSON) |
1 3v |
1 2v |
11v |
12 |
22v |
8v |
8 v |
7v |
20v |
36v |
1 9v |
8 v |
lOv |
6v |
1 2v |
7v |
1 9v |
34v |
+ |
7 |
||
Clavulina crustata |
CUSHMAN |
- |
||||||||||||||||||||
Clavulina cylindrica d'ORBIGNY |
|- |
|||||||||||||||||||||
FISCHERINIDAE |
||||||||||||||||||||||
Cyclogyra carinata |
(COSTA) |
|||||||||||||||||||||
Cyclogyra foliacea |
(PHILIPP!-) |
|||||||||||||||||||||
Cyclogyra involvens |
( REUSS) |
+ V |
+ v |
+ V |
1 v |
+ |
[kB. 3 ( 1 b) - Distribution of benthic Foraminifers in thè stations. The percentages of thè thanatocoenoses are indicateci and thè presence of living specimens is marked by « v».
1 |
SAMFLES |
23 |
28 |
50 |
16 |
59 |
3 |
8 |
12 |
38 |
64 |
46 |
33 |
41 |
49 |
54 |
60 |
32 |
27 |
42 |
47 |
|
$SPECIES |
WATER -DEPTH m |
45 |
47 |
47 |
48 |
49 |
49 |
50 |
50 |
50 |
50 |
50 |
51 |
52 |
53 |
55 |
64 |
72 |
74 |
76 |
79 |
84 |
GRAIN SIZE |
P |
P |
P |
VSP |
9 |
SP |
SP |
P |
P |
P |
SP |
VSP |
P |
VSP |
S |
P |
P |
P |
P |
P |
P |
|
ASTRO RH I Z IDAE |
||||||||||||||||||||||
nabdamraina abyssorum SARS |
+ |
+ |
+ V |
+ V |
+ V |
+ |
+ V |
|||||||||||||||
ìiabdammina linearis BRADY |
||||||||||||||||||||||
bizammina indivisa BRADY |
||||||||||||||||||||||
fcccorhiza ramosa |
(BRADY) |
+ V |
+ V |
+ V |
+ |
|||||||||||||||||
SACCAMKINIDAE |
||||||||||||||||||||||
isammosphaera fusca |
SCHULZE |
+ |
||||||||||||||||||||
Jaccammina socialis |
BRADY |
+ V |
1 |
+ |
1 |
|||||||||||||||||
smisphaerammina bradyi LOEBLICh & TAPPAN |
+ |
|||||||||||||||||||||
AMMODISCIDAE |
||||||||||||||||||||||
nmodiscus catinus |
hOglund |
1 V |
+ |
+ |
+ |
+ |
+ V |
+ V |
1 |
+ V |
||||||||||||
nmodiscus planorbi |
s hOglund |
+v |
||||||||||||||||||||
• Lomospira charoides (JONES & PARKER) |
1 V |
+ V |
1 V |
1 V |
1 V |
+ V |
1 |
+ |
||||||||||||||
.Lomospira qordiali |
s (JONES & PARKER) |
+ |
1 V |
+ V |
+ |
+ |
+ |
+ V |
+ V |
+ |
1 V |
+ |
2 v |
1 V |
1 |
+ |
||||||
nmolaqena clavata |
(JONES & PARKER) |
|||||||||||||||||||||
' HO RMOS INI D AE |
||||||||||||||||||||||
pophax atlanticus |
(CUSHMAN) |
6 v |
2 |
2 |
3 v |
6 v |
1 V |
7 v |
6 v |
4 v |
2 v |
1 |
2 v |
4 v |
5 v |
+ V |
7 v |
3 v |
3 |
3 v |
2 v |
+ V |
ìjophax dentaliniformis (BRADY) |
+ V |
+ V |
+ V |
1 V |
+ V |
+ V |
+ V |
+ V |
+ V |
|||||||||||||
Sìophax fusiformis |
(WILLIAMSON) |
+ V |
1 |
2 v |
2 v |
1 V |
2 v |
3 v |
1 V |
+ V |
2 |
2 |
2 |
|||||||||
’;ophax quttifer (BRADY) |
||||||||||||||||||||||
?ophax micaceus EARLAND |
+ |
+ V |
+ |
+ |
1 V |
+ |
||||||||||||||||
jophax nodulosus |
BRADY |
+ |
||||||||||||||||||||
iaophax scorpiurus |
MONTFORT |
1 V |
+ V |
2 v |
1 V |
2 v |
2 v |
1 v |
+ |
1 V |
2 |
3 v |
+ |
2 v |
1 V |
1 V |
1 V |
+ V |
+ V |
|||
NOURIDAE |
||||||||||||||||||||||
Duria polimorphinoides H-ALLEN & EARLAND |
+ V |
+ V |
+ V |
|||||||||||||||||||
LITUOLIDAE |
||||||||||||||||||||||
tipliophragmoides bradyi (ROBERTSON) |
+ |
|||||||||||||||||||||
iiercotryma glomeratum (BRADY) |
+ |
+ V |
+ |
+ V |
+ |
+ V |
2 v |
1 |
1 |
1 |
+ |
|||||||||||
pcurvoides turbinatus (BRADY) |
||||||||||||||||||||||
bhaerammina ovalis |
CUSHMAN |
|||||||||||||||||||||
jlveolophragmium jeffreysi (WILLIAMSON) |
+ V |
1 |
+ |
2 v |
+ |
1 V |
1 V |
1 |
+ |
+ |
1 |
+ V |
1 |
2 v |
1 |
+ |
+ V |
1 |
+ |
|||
llveolophragmium nitidum (GOES) |
1 |
+ |
2 v |
3 v |
2 v |
+ |
+ V |
1 |
+ V |
+ |
||||||||||||
Ljlveolophragmium scitulum (BARDY) |
+ V |
+ |
||||||||||||||||||||
Jlveolophragmium wiesneri (PARR) |
+ |
+ |
||||||||||||||||||||
nmobaculites agglutinans (d'ORBIGNY) |
+ V |
|||||||||||||||||||||
jnmoscalaria pseudospiralis (WILLIAMSON) |
+ |
1 V |
1 V |
1 V |
+ V |
1 |
5 v |
3 v |
4 v |
1 V |
2 |
2 v |
2 v |
1 V |
1 V |
1 V |
+ V |
1 V |
1 V |
+ V |
||
jnmoscalar ia tenuimargo (BRADY) |
+ V |
+ |
+ |
+ |
+ V |
+ V |
+ |
+ V |
||||||||||||||
lacopsilina bradyi |
CUSHMAN & McCULLOCK |
+ |
||||||||||||||||||||
TEXTU LARI IDAE |
||||||||||||||||||||||
piroplectammina wr |
ighti (SILVESTRI) |
+ |
+ |
+ V |
1 V |
2 v |
1 V |
+ |
+ |
1 |
||||||||||||
extularia aciculata (d’ORBIGNY) |
+ V |
+v |
+ |
+ V |
1 |
+ |
+ |
|||||||||||||||
extularia agglutinans d’ORBIGNY |
||||||||||||||||||||||
extularia calva LALICKER |
2 v |
7 v |
2 |
+ V |
1 V |
3 v |
3 v |
3 v |
7 v |
+ |
3 v |
5 v |
3 v |
2 v |
3 v |
3 v |
4 v |
3 v |
3 v |
4 |
||
extularia candeiana d'ORBIGNY |
2 v |
+ V |
1 V |
1 |
||||||||||||||||||
extularia conica |
d'ORBIGNY |
+ |
7 v |
|||||||||||||||||||
extularia earlandi |
PARKER |
+ |
||||||||||||||||||||
lextularia gramen < |
d'ORBIGNY |
1 V |
+ |
1 |
+ V |
+ |
||||||||||||||||
extularia pala CZJZEK |
||||||||||||||||||||||
jigenerina nodosaria d'ORBIGNY |
2 |
1 V |
3 v |
7 v |
4 v |
3 v |
3 v |
5 v |
||||||||||||||
jiphotextular ia concava (KARRER) |
+ |
+ |
||||||||||||||||||||
TR0CHAMMINIDA1 |
||||||||||||||||||||||
rochammina compacta PARKER |
1 V |
|||||||||||||||||||||
rochammina globigeriniformis (Parker & JONES) |
+ |
2 |
3 v |
+ |
+ |
+ |
+ V |
+ V |
||||||||||||||
rochammina inflata |
(MONTFORT) |
+ |
+ |
+ |
||||||||||||||||||
rochammina nana (BRADY) |
+ V |
|||||||||||||||||||||
jrochammina ochracea (WILLIAMSON) |
+ V |
+ |
+ V |
|||||||||||||||||||
rochammina squamata PARKER & JONES |
||||||||||||||||||||||
nmosphaeroidina sphaeroidiniformis (BRADY) |
||||||||||||||||||||||
|rochamminula fissu |
r aperta SHCHEDRINA |
|||||||||||||||||||||
ATAXOPHRAGMI IDAE |
||||||||||||||||||||||
ìggerel la scabra (WILLIAMSON) |
6 v |
1 v |
1 |
7 v |
S V |
+ |
3 |
4 v |
4 v |
1 V |
2 v |
+ |
+ V |
1 |
1 |
|||||||
lavulina crustata |
CUSHMAN |
+ V |
+ V |
+ |
||||||||||||||||||
lavulina cylindr ica d'ORBIGNY |
+ v |
+ |
+ v |
1 |
+ V |
1 |
+ |
+ |
1 |
1 |
+ V |
1 V |
||||||||||
FISCHERINIDAE |
||||||||||||||||||||||
yclogyra carinata |
(COSTA) |
+ V |
+ V |
+ |
+ V |
|||||||||||||||||
yclogyra foliacea |
(PHILIPP!) |
+ |
+ |
+ V |
+ V |
|||||||||||||||||
yclogyra involvens |
(REUSS) |
+ |
+ |
1 |
4- v |
1 |
1 V |
+ V |
+ |
1 |
2 v |
+ |
+ v |
+ V |
+ V |
Tab. 3 (la) - Distribution of benthic Foraminifers in thè stations. The percentages of thè thanatocoenoses ariÌAB. 3 (1 b) - Distribution of benthic Foraminifers in thè stations. The percentages of thè thanatocoenoses are indicated and thè presence of living specimens is marked by «v». indicated and thè presence of living specimens is marked by «v».
SPECIES |
SAMFLES |
31 |
14 |
30 |
35 |
36 |
1 |
44 |
4 5 |
51 |
2 |
7 |
15 |
29 |
40 |
43 |
2 2 |
34 |
37 |
5 3 |
58 |
?] |
SPECIES |
SAMFLES |
23 |
28 |
50 1 |
16 |
1? |
59 |
3 |
8 |
12 |
38 |
6 4 |
46 |
33 |
41 |
49 |
54 |
60 |
32 |
27 |
42 |
47 |
WATER -DEPTH m |
6 |
9 |
10 |
10 |
10 |
1 1 |
1 1 |
19 |
19 |
20 |
20 |
20 |
20 |
20 |
21 |
21 |
2 1 |
21 |
22 |
22 |
« |
WATER -DEPTH m |
45 |
47 |
47 |
48 |
49 |
49 |
50 |
50 |
50 |
50 |
50 |
51 |
52 |
53 |
55 |
64 |
72 |
74 |
76 |
79 |
84 |
||
VSP |
PS |
P |
SP |
PS |
s |
S |
PS |
P,S |
Pi? |
P |
PS |
P |
PS |
s |
GRAIN SIZE |
P |
P |
P |
VSP |
* |
SP |
SP |
P |
P |
P |
SP |
VSP |
P |
VSP |
S |
P |
P |
P |
P |
P |
p |
|||||||||
ASTRORHIZIDAE |
ASTRORHIZIDAE |
||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||
Rhabdammina abyssorum SARS |
Rhabdammina abyssorum SARS |
+ |
+ |
+ V |
+ V |
+ V |
+ |
+ V |
|||||||||||||||||||||||||||||||||||||
Rhabdammina linearis BRADY |
Rhabdammina linearis BRADY |
||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||
Rh i zammina indivisa BRADY |
+ V |
Rhizammina indivisa BRADY |
|||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||
Saccorhiza ramosa (BRADY) |
Saccorhiza ramosa (BRADY) |
+ V |
+ V |
+ V |
+ |
||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||
LACCAMI Il NI DAE |
- SACCAIA: INI DAE |
||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||
Psammosphaera fusca SCHULZE |
Psammosphaera fusca SCHULZE |
+ |
|||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||
Saccammina socialis BRADY |
Saccammina socialis BRADY |
+ V |
1 |
+ |
1 |
||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||
Hemisphaerammina bradvi LOEBLICh & TAPPAN |
Hemisphaerammina bradyi LOEBLICh & TAPPAN |
+ |
|||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||
AMMODISCIDAE |
AMMODISCIDAE |
||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||
Ammodiscus catinus HOGLUND |
+ |
Ammodiscus catinus HÓGLUND |
1 V |
+ |
+ |
+ |
+ |
+ V |
+ V |
1 |
+ V |
||||||||||||||||||||||||||||||||||
Ammodiscus planorbis HOGLUND |
Ammodiscus planorbis HOGLUND |
+v |
|||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||
Glomospira charoides (JONES & PARKER) |
Glomospira charoides (JONES & PARKER) |
1 V |
+ V |
1 V |
1 V |
1 V |
+ V |
1 |
+ |
||||||||||||||||||||||||||||||||||||
Glomospira gordialis (JONES & PARKER) |
+ V |
1 V |
Glomospira gordialis (JONES & PARKER) |
+ |
1 V |
+ V |
+ |
+ |
+ |
+ V |
+ v |
+ |
1 V |
+ |
2 v |
1 V |
1 |
+ |
|||||||||||||||||||||||||||
Ammolaqena clavata (JONES & PARKER) |
Ammolaqena clavata (JONES & PARKER) |
||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||
HO RMOS INI DAE |
HO RMOS INI DAE |
||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||
Reophax atlanticus (CUSHMAN) |
+ V |
6 v |
6 v |
8 v |
6 v |
4 v |
1 |
2 v |
+ |
1 V |
1 |
4 v |
Reophax atlanticus (CUSHMAN) |
6 v |
2 |
2 |
3 v |
6 v |
1 V |
7 v |
6 v |
4 v |
2 v |
1 |
2 v |
4 v |
5 v |
+ V |
7 |